Svimez: "Autonomia Regioni del Nord mette a rischio unità nazionale"

27 dicembre 2018

La richiesta di attuazione dell’Autonomia differenziata, partita dal Veneto e sancita da un referendum, com’era prevedibile sta facendo emergere il conflitto di interessi tra aree del Paese sino ad oggi celato dal centralismo dello Stato, titolare pressoché esclusivo della raccolta delle risorse fiscali e della loro redistribuzione lungo lo Stivale attraverso una spesa pubblica che ha cristallizzato sprechi, rendite ed inefficienze non più sostenibili. 

Da mesi si stanno raccogliendo firme al Sud sulla petizione del prof. Gianfranco Viesti, dal significativo titolo “No alla secessione dei ricchi”. Da ultimo è scesa in campo anche la Svimez, centro studi istituito nel dicembre del 1946 con l’obiettivo di studiare l’economia del Mezzogiorno, per proporre a istituzioni centrali e locali concreti programmi di sviluppo delle Regioni meridionali. 

Sostiene innanzitutto la Svimez che le richieste di autonomia avanzate dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, "in assenza di riforme costituzionalipotrebbero innescare "un percorso verso un sistema confederale, nel quale alcune Regioni si fanno Stato, cristallizzando diritti di cittadinanza diversi in aree del Paese differenti", mettendo a rischio l'unità nazionale. Sotto accusa in particolare le “modalità di finanziamento dell'autonomia differenziata: la pretesa di trattenere il gettito fiscale generato sui territori è infondata, inconsistente e pericolosa".  

In secondo luogo, con riferimento al residuo fiscale vantato da alcune Regioni del Nord, secondo la Svimez, per calcolare il saldo effettivo su base regionale tra entrate e spese pubbliche bisogna includere l’onere per gli interessi da corrispondere ai titolari del debito pubblico (famiglie e imprese; banche, intermediari, assicurazioni, residenti esteri che hanno acquistato titoli di Stato). “Questa posta contabile rappresenta una spesa per lo Stato ed un'entrata per i titolari. Per cui il saldo da considerare, non è quello del semplice residuo fiscale ma il residuo fiscale "aumentato" per gli interessi, cioè il Residuo Fiscale-Finanziario”. La Svimez stima quindi un Residuo Fiscale Finanziario per la Lombardia che non arriva a 13 miliardi di euro (anziché 40 miliardi), per il Veneto e l’Emilia Romagna di circa 2 miliardi di euro (anziché rispettivamente di 12 e 11 miliardi).

Infine, secondo Svimez “non ha fondamento presumere che l’eventuale risparmio di risorse che potrà essere conseguito (dalla gestione in loco attraverso l’autonomia differenziata dell’attuale spesa storica regionalizzata dello Stato: ndr) sia appannaggio delle Regioni, in quanto la destinazione delle risorse per la perequazione spetta allo Stato”. 

Ecco le nostre considerazioni rispetto ai punti sollevati da certe élite, i cui studi non pare abbiano molto giovato allo sviluppo del Mezzogiorno: 

1) la possibilità di trattenere il gettito fiscale generato sui territori è principio riaffermato nel giugno scorso anche dal Procuratore Generale della Corte dei Conti, Alberto Avoli, nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2017: “la ripartizione dei flussi finanziari dallo Stato alle Regioni deve tenere conto del principio per cui le entrate tributarie maturate in un territorio debbono in una parte sostanziale essere destinate ai bisogni di quel territorio. Il collegamento fra prelievo fiscale e territorio può ritenersi utile a recuperare il rapporto fra cittadini ed istituzioni. La restante quota si definisce di coesione, in quanto volta a consentire la copertura dei servizi generali e degli oneri di solidarietà nazionali”; 

2) quanto ai residui fiscali regionali, imputare la spesa per gli interessi sul debito pubblico a carico di chi ha prestato denaro allo Stato, senza considerare come e a favore di chi questo denaro è stato speso, non rispetta né il principio di responsabilità né quello di equità. Sarebbe dunque utile che anche Svimez si impegnasse affinché finalmente questi dati fossero messi a disposizione dei cittadini-contribuenti, insieme a quelli relativi alla distribuzione territoriale dell'evasione fiscale e dell'economia sommersa. In ogni caso rilevo che secondo la CGIA di Mestre il residuo fiscale del Veneto con riferimento all'anno 2015 era pari ad oltre 15 miliardi di euro al lordo della spesa per interessi sul debito pubblico. Anche caricando al Veneto una percentuale del 10% della stessa (pari a circa 6-7 miliardi) appare davvero improbabile un residuo fiscale finanziario di appena 2 miliardi;

3) anche la pretesa, se si arriverà finalmente all’attuazione dell’autonomia differenziata, che persino i futuri risparmi di risorse dovuti all’efficienza della gestione regionale – rispetto alla spesa storica regionalizzata statale – debbano spettare allo Stato è un’ulteriore applicazione di quella prassi di irresponsabilità (si premia lo Stato proprio con quel risparmio che costituisce la prova dell'inefficienza del centralismo!) che tanti danni ha causato al Sud, impedendo di far crescere una classe dirigente adeguata alla sfida dello sviluppo del Mezzogiorno. Risparmi peraltro auspicati, ma la cui entità è tutta da verificare, atteso che la spesa storica per i servizi resi dallo Stato nelle Regioni che hanno chiesto l'autonomia differenziata è già oggi di molto inferiore alla spesa sostenuta dallo Stato per i medesimi servizi nelle Regioni del Sud (e non solo). Anche questo è uno dei tanti paradossi della spesa pubblica italiana: laddove vi sono minore spesa pubblica e servizi di buona qualità, anziché premiare la maggiore efficienza, i contribuenti sono caricati di un maggiore prelievo fiscale.  

Anche lo studio della Svimez non contiene purtroppo nessuna proposta utile al cambiamento di cui ha bisogno anche il Sud del Paese, ma piuttosto asserzioni funzionali a mantenere lo status quo. L'unico passaggio condivisibile è quello in cui invoca l'applicazione della legge n. 42 del 2009 "circa l'attribuzione delle risorse in regime di costi standard, superando il criterio della spesa sotorica per il finanziamento dei livelli essenziali". Ma andrebbe ricordato che la legge n. 42 ("Delega al Governo in materia di federalismo fiscale") va applicata nella sua interezza e chissà perché dopo dieci anni è ancora inattuata. 

A questi link lo studio e il comunicato di Svimez:

- http://www.svimez.info/images/note_ricerca/2018_12_24_federalismo_studio.pdf;

- http://www.svimez.info/images/note_ricerca/2018_12_24_federalismo_comunicato.pdf  

 


pubblicata il 27 dicembre 2018

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