La decadenza di Galan da deputato votata alla Camera in via definitiva

01 maggio 2016

Mercoledì 27 aprile scorso la Camera ha chiuso una delle pagine più tristi per la politica veneta approvando la decadenza di Giancarlo Galan da deputato con 388 voti favorevoli e 40 contrari, sostanzialmente del gruppo di Forza Italia, che sosteneva la tesi della inapplicabilità della Legge Severino ai fatti penalmente rilevanti occorsi in precedenza alla sua entrata in vigore. E' stato Gregorio Fontana, parlando in aula durante le dichiarazioni di voto, a fissare la posizione del partito di Silvio Berlusconi. La Giunta per le elezioni, invece, si era pronunciata a favore della decadenza, esaminando il dossier. "Forza Italia - ha spiegato Fontana - ribadisce il 'no' all'applicazione della legge Severino. Il 'no' non è motivato da valutazioni nel merito della vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto il collega Galan, sulla quale non spetta in alcun modo alla Camera pronunciarsi. Noi sosteniamo l'inapplicabilità della legge Severino a questo caso per difendere tre principi, che sono alla base del nostro sistema costituzionale: la irretroattività della sanzione penale, il diritto elettorale passivo e l'autonomia del Parlamento".

In realtà la legge Severino stabilisce all’articolo 3 l’incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare, che non lascia dubbi in proposito. Si è parlato molto in Giunta del problema della retroattività della legge, dal momento che i reati commessi da Galan sono stati compiuti prima della sua entrata in vigore. Ma la Corte costituzionale si è già pronunciata nel merito, respingendo il ricorso contro la retroattività della legge Severino presentata dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, decidendo che è legittimo sospendere un amministratore locale dal proprio incarico a causa di una condanna, anche non definitiva, sulla base di una norma approvata dopo la sentenza. In questo caso, poi, la condanna è definitiva.

Per il gruppo del Pd ha parlato Nico Stumpo: “Noi, oggi, non dobbiamo discutere la vicenda riguardante l’onorevole Galan dal punto di vista giudiziario. Questo compito è spettato alla magistratura ed è ormai concluso. Politica e giustizia non devono mai sovrapporre il loro lavoro, mai! Al Parlamento tocca oggi decidere se una legge, la Severino, è da applicarsi o meno a questo caso. Quindi, decidere la decadenza di un parlamentare e il subentro di uno nuovo. Non sarebbero stati, e non ci sono stati, di aiuto quindi strumentalizzazioni o dichiarazioni inopportune e polemiche, che, oltre tutto, non sarebbero state corrispondenti al clima di serietà, compostezza e correttezza che, invece, hanno caratterizzato i lavori della Giunta delle elezioni. La relazione dell’onorevole Pagano, precisa ed esaustiva nel percorso intrapreso dalla Giunta, mi consente di attenermi pienamente al merito e spero, anche nell’interesse di tutti, nel minor tempo possibile. Rispetto al materiale difensivo prodotto dall’onorevole Galan è evidente che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 236 nel 2015, non potesse affrontare il tema dell’incandidabilità e della decadenza con specifico riferimento ai parlamentari, poiché la Corte è chiamata a decidere entro il recinto rappresentato da un tema decidendum definito in questa sentenza, e si è pronunciata sull’articolo 11 del decreto legislativo, che riguarda invece la sospensione e la decadenza di diritto degli amministratori locali in condizioni di incandidabilità. Tuttavia, negli obiter dicta della predetta sentenza è chiaro che la Corte ha inteso escludere che l’istituto della decadenza sia da considerare una sanzione penale. Non è quindi corretto, ci sia consentito chiarirlo, sollevare il tema della retroattività o irretroattività della legge con riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato, poiché ciò che conta è invece la data di pronuncia della sentenza di patteggiamento in relazione alla data di entrata in vigore della legge Severino. La ratio della legge è chiara: tutelare il soggetto che ha patteggiato prima dell’entrata in vigore della legge, poiché non era in condizione di conoscerne le conseguenze e gli effetti, e non il soggetto che abbia patteggiato in un momento successivo, potendo egli valutare, alla luce della normativa vigente, gli effetti e le conseguenze delle proprie scelte al momento di prestare il proprio consenso. La legge Severino, quindi, a mio avviso non lascia dubbi”.


pubblicata il 01 maggio 2016

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