Molto bella l’intervista rilasciata il 22 novembre scorso dalla direttrice dell’Ufficio scolastico regionale del Veneto, Daniela Beltrame, in riferimento all’ipotesi di insegnamento della lingua veneta. Da apprezzare questa voce competente al di sopra del solito coro dei Sì e dei No pregiudiziali ed ideologici. Credo, come lei, che sarebbe un valore aggiunto la tutela e la valorizzazione della lingua, della storia e della cultura veneta, come già avviene per il friulano ed il sardo peraltro oggetto di tutela in forza della legge n. 482/1999. Al seguente link il testo integrale dell’intervento della dott.ssa Beltrame: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2016/21-novembre-2016/bilinguismo-direttrice-scolastica-veneto-classe-un-opportunita-2401075550782.shtml.
Nel programma con cui mi ero candidata alle primarie del Pd per la presidenza del Veneto avevo proposto un progetto per la formazione plurilingue sin dall'infanzia, che, accanto alla lingua italiana e a quella inglese, ponesse attenzione anche all’uso della lingua veneta (per molti bambini lingua madre) come opportunità, vantaggio cognitivo e linguistico. Conoscere e valorizzare il patrimonio culturale locale non è sinonimo di chiusura ma, al contrario, favorisce quella consapevolezza della propria identità che è indispensabile per aprirsi alla comprensione delle altre culture. In linea con lo spirito glocal radicato nella terra veneta e confermato anche dal sondaggio dell'Osservatorio sul Nord Est "Nordest, identità locale ma anche apertura al mondo" pubblicato il 22 novembre scorso sul Gazzettino (a questo link il sondaggio completo: http://www.demos.it/a00367.php).
Per questo sbaglia la Lega Nord a brandire la lingua veneta come strumento di chiusura identitaria, quando potrebbe essere invece possibile mezzo di di apertura e di integrazione. A questo proposito è molto significativo l'esito di un'indagine che l’istituto di ricerca Quaeris, già nel 2010, aveva condotto per conto della Fondazione Ispirazione sul tema “Il Veneto degli immigrati: aspetti linguistici, educativi, formativi, relazionali”, svolta su un campione di 600 immigrati residenti nella regione (300 studenti e 300 lavoratori). Dal sondaggio era emerso come un immigrato su tre in Veneto ritenesse che, insieme all’italiano, anche il dialetto avrebbe dovuto essere obbligatoriamente studiato e come per i lavoratori fosse indispensabile la conoscenza del dialetto veneto per meglio integrarsi e conoscere i propri diritti in tema di contratti e sicurezza (questo per l’85% degli intervistati). Tra i 600 intervistati, il 26% aveva affermato di aver ‘dovuto’ imparare la lingua veneta, mentre il 74% sosteneva di ‘averla voluta’ imparare (Link all’indagine: http://www.quaeris.it/indagine-il-veneto-degli-immigrati/).
Il post che ho pubblicato sulla mia pagina facebook ha dato dunque vita ad un animato dibattito con moltissimi like e tantissimi commenti, alcuni dei quali davvero qualificati, altri molto partigiani sia a favore sia contro. Segno che il tema tocca profondamente la sensibilità di molti e non va quindi lasciato alle strumentalizzazioni politiche della Lega Nord, meritando ben altro livello di approfondimento di quello con cui se ne dibatte pro o contro nel consiglio regionale del Veneto, come dimostra la discutibile legge sul bilinguismo appena approvata dalla maggioranza che governa la Regione. Condivido il saggio intervento che al riguardo ha pubblicato sul Corriere del Veneto il linguista Lorenzo Tomasin, che vale davvero la pena di leggere per farsi guidare su un tema come questo dalla curiosità intellettuale e non da pregiudiziali ideologiche. Lo trovi cliccando qui.
Se avete tempo e voglia vi invito infine ad ascoltare una bella intervista a Darcy Loss Luzzatto, scrittore ed attivista in Brasile per la valorizzazione del veneto (che con la denominazione di 'Talian' è tutelato come lingua minoritaria), che evidenzia il valore culturale, sociale e democratico di una lingua come quella veneta: https://youtu.be/YfnQkLHQQZs.