Il 19 novembre scorso, su invito del comitato Insieme per il Sì di Fratta Polesine (RO), ho partecipato con il collega Diego Crivellari e gli avvocati Gianfranco Munari e Valeria Gotti ad un incontro pubblico sulla riforma costituzionale. Durante il mio intervento ho chiarito come questa riforma non tocchi i principi fondamentali della Costituzione, ma sia piuttosto un primo passo per perseguirne l'attuazione in modo più efficace nelle condizioni dei tempi attuali. A partire dal principio che lo Stato non è il fine, bensì uno strumento al servizio dei cittadini, e che proprio per questo il funzionamento delle istituzioni democratiche deve essere ammodernato al contesto delle grandi trasformazioni che il mondo globale e interconnesso sta subendo, oltre che per rappresentare meglio gli interessi del Paese negli organismi europei e internazionali. Ecco il senso del superamento del bicameralismo paritario, sia nelle modifiche del processo legislativo, sia nella istituzione del nuovo Senato delle autonomie, che potrebbe finalmente favorire una più efficace attuazione del principio dell'art. 5, confermativo del fatto che lo Stato non coincide con la Repubblica, fatta anche delle autonomie locali e della sussidiarietà orizzontale. In quest'ottica la riforma pone le condizioni di un regionalismo differenziato, togliendo competenze alle Regioni ordinarie ma lasciando alle Regioni virtuose la possibilità di chiedere maggiori spazi di autonomia, anche finanziaria. Rispondendo ad una domanda, ho espresso la mia preoccupazione sugli effetti politici che la vittoria del No potrebbe avere, dando argomenti agli esponenti della conservazione dello status quo per un ritorno alla palude di un sistema proporzionale e confermando all'estero l'immagine di un Paese immobile, conservatore, riottoso ad affrontare la sfida del cambiamento.