Pagina 2, Primopiano
venezia Buona la prima. Più o meno. L’esordio del «garante» Lorenzo Guerini (guai a chiamarlo «commissario») ieri, all’Sb Hotel di Padova per la direzione regionale del Pd, non si è distinto per frizzantezza e partecipazione al dibattito, a cui comunque i giornalisti non sono stati ammessi, alla faccia dello streaming solitamente imposto da Matteo Renzi alle direzioni nazionali. Molte le assenze, soprattutto tra i «bersaniani» (da Flavio Zanonato a Davide Zoggia - citato durante un intervento come «uno che fa male al partito» - e Michele Mognato) ma non solo (è rimasta vuota pure la sedia della renzianissima capogruppo in Regione Alessandra Moretti), alcuni componenti della direzione se ne sono andati infastiditi quando dal palchetto è stato chiesto a tutti di non parlare per più di 3 minuti («Ma allora scusate, che siamo venuti a fare?») mentre altri hanno atteso per cortesia la fine dell’intervento di Guerini per prendere la porta e andarsene verso «improrogabili impegni». L’impressione è che ci sia parecchio da fare per risollevare un partito non solo spaccato, ma sfiduciato e quasi anestetizzato dai tempi della sonora sconfitta delle Regionali. «Siamo molto in difficoltà» ammettere un segretario provinciale e la campagna per il «sì» al referendum non sembra essere il tonico sperato (basti pensare che i «comitati per il sì» sono quasi sempre circoli del Pd che hanno cambiato l’insegna alla porta: non si riesce ad allargare il campo).
Ad ogni modo, Guerini è stato chiarissimo: tutti gli sforzi, in questa fase, vanno concentrati sull’appuntamento del 4 dicembre («È un fondamentale, dobbiamo mobilitarci tutti. Come ho visto la platea? Bella reattiva, nonostante un po’ di disagio rispetto al voto contrario annunciato da alcuni dirigenti»). Fino ad allora, il resto passa in secondo piano. Vale per il congresso, che si terrà il 25 e 26 febbraio («L’avvicinamento sarà gestito da una squadra in cui saranno rappresentati, oltre ai segretari provinciali, i consiglieri regionali, i parlamentari e i sindaci, ma ora vi chiedo una tregua»), e a maggior ragione per il referendum sull’autonomia voluto da Zaia: «Non è all’ordine del giorno - ha detto Guerini - ne parleremo quando sarà il momento. La nostra linea comunque è semplice: nella riforma costituzionale ci sono strumenti utilissimi a rafforzare l’autonomia dei territori. Zaia è intenzionato ad utilizzarli? È disponibile a sedersi ad avviare col governo una trattativa seria, sul merito? Se lo farà prima di arrivare al referendum (ed è questo il passaggio chiave, ndr .) noi siamo qui. Se invece ci troveremo di fronte alla solita strumentalizzazione leghista, allora ne trarremo le conseguenze». Che non è chiaro se significhi voto «no», astensione o sempre «sì» ma turandosi il naso. Tant’è, fino al 4 dicembre inutile insistere e a nulla sono valsi i tentativi di porre la questione da parte di Simonetta Rubinato (rimbrottata da Alessandro Naccarato con un «occhio a non diventare la brutta copia della Lega» e lei: «Non mi si dica che chi fa questa battaglia fa il gioco di Zaia»). Guerini è stato lapidario: «Non facciamolo diventare un nostro problema». E Sono stati applausi.
Intanto giovedì torna in Veneto Renzi: sarà alle 18.30 alla Fiera di Vicenza e alle 21 a quella di Padova. È possibile che il premier decida di trascorrere la notte in città, per incontrare l’indomani il rettore dell’università di Padova e una ventina di «cervelli di rientro», docenti che hanno deciso di tornare a Padova dall’estero. Allo studio anche una visita al carcere Due Palazzi .