Nell’incontro del 9 luglio scorso il sondaggista Paolo Pasi ha presentato al pubblico il sondaggio presentato per l’occasione dalla società trevigiana Quaeris sull’autonomia del Veneto. Il sondaggio è stato eseguito su un campione rappresentativo di 300 cittadini veneti. Un campione piccolo, ma sufficiente per abbozzare un trend della società veneta. Cliccando qui si possono consultare le relative slide.
In particolare appare interessante il dato secondo il quale la maggior parte della popolazione, ben il 77,3%, dichiara di conoscere la differenza tra autonomia e indipendenza. Un dato molto rilevante, anche se leggermente inferiore al risultato (85,2%) ottenuto da un sondaggio similare effettuato nel settembre 2014 e illustrato allora nel nostro BarCamp di Refrontolo (che trovi cliccando qui). Il calo, seppur contenuto, stimola una domanda: è possibile che il fatto di continuare a proporre contemporaneamente i temi dell’autonomia e dell’indipendenza, come sta accadendo anche in questo periodo, generi confusione tra i cittadini? Basti pensare alle iniziative legislative presentate qualche mese fa in Regione per indire un referendum sul tema dell’indipendenza (vedi cliccando sui link il pdl di Finozzi e di Guadagnini), ipotesi peraltro già bocciata l’anno scorso dalla Corte Costituzionale. Mi sembra che si stia ingenerando confusione tra gli elettori: lo conferma a mio avviso l’esito del sondaggio da ultimo pubblicato sul Gazzettino il 20 settembre scorso, in cui il quesito rivolto al pubblico metteva insieme, confondendoli, i due concetti di ‘indipendenza’ ed ‘autonomia’ (clicca qui per leggere l'articolo).
Il campione sentito a luglio sull’assetto istituzionale preferito per il Veneto ha mostrato come l’interesse per i temi dell’autonomia ed indipendenza sia notevole tra gli intervistati, ma si evince una chiara preferenza per la soluzione dell’autonomia (39,9%) rispetto all’indipendenza (24,3%). Un risultato in linea con quello ottenuto nel 2014. Dal sondaggio è emerso inoltre come circa metà della popolazione sia a conoscenza del previsto referendum sull’autonomia. Un risultato molto interessante considerato che non si è ancora stabilita una data e non si è ancora iniziata la campagna referendaria. Notevolissima la predisposizione ad andare a votare (78,6%) e, soprattutto, davvero pochi sono quelli che si dichiarano disinteressati (9,4%). Tra chi andrà a votare è netta la preferenza per l’autonomia (65,8%) e rilevante la quantità di indecisi (20,7%).
In conclusione, a partire dai risultati del sondaggio, si potrebbe affermare che una netta maggioranza della popolazione veneta è interessata ad una maggiore autonomia e che sembra predisposta a sostenerla al referendum. Possiamo quindi dire che ci sono innegabili potenzialità per il successo del referendum dell’autonomia, me che trasformare queste potenzialità in realtà non sarà automatico.
Servirà una campagna di comunicazione chiara, evitando di contribuire a generare confusione tra il concetto di indipendenza e quello di autonomia, un maggior coinvolgimento della società civile e, soprattutto, il referendum non dovrà essere un’occasione di scontro tra partiti.
Purtroppo si intravedono già alcuni segnali negativi che possono vanificare gli sforzi fatti per arrivare a questa opportunità di democrazia diretta, quali il continuare a proporre anche Il referendum sull’indipendenza (cosa che genera incertezza), la poca compattezza nel portare avanti il progetto referendario entro alcuni partiti e l’idea che il referendum possa essere solo di una parte politica e non di tutti i cittadini veneti.
Questo referendum consultivo è il primo ammesso dalla Corte Costituzionale nella storia della Repubblica, non può essere sprecato. Di qui la grave responsabilità che si assumono le forze politiche di questa regione che lo strumentalizzano: sia di coloro che vogliono sfruttarlo politicamente contro il Governo nazionale, sia di coloro che dicono che è inutile e costoso, disincentivando la partecipazione al voto dei veneti.
Spiace che tra questi ultimi ci siano anche molti esponenti del mio partito, che squalificano l’importanza di questo passaggio democratico mentre poi valorizzano (giustamente, ma contraddicendosi) il fatto che la Riforma Costituzionale introduca proprio il modello del referendum consultivo, o d’indirizzo o propositivo, come strumento di partecipazione dei cittadini alle scelte principali che li riguardano.
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