Pagina 10, Nordest
Dopo rinvii e cancellazioni dell'ultimo momento, stavolta sembra quella buona per il congresso del Pd veneto. Venerdì prossimo, a quasi 18 mesi di distanza dal crollo alle elezioni Regionali e ad uno dalla scoppola subita dal No referendum sulle riforme, la direzione dei Dem veneti si riunirà a Padova per riaprire la pratica. L'indicazione del vicesegretario nazionale, Lorenzo Guerini, in questi mese garante per il Veneto, dopo le dimissioni della segreteria e lo scioglimento dell'assemblea, è di fare il congresso a breve. Forse non verranno rispettate alla lettera le scadenze del 18 e 25 febbraio che Guerini aveva indicato nell'ottobre scorso, ma lo slittamento dovrebbe essere contenuto in due massimo tre settimane. Entro marzo, insomma, il Pd veneto, da mesi senza segretario e senza organismi, dovrebbe avere un nuovo vertice e una nuova assemblea scelti con le primarie aperte: voteranno cioè anche i non tesserati, il cui peso sarà giocoforza diluito. Anche l'ultimo segretario, Roger De Menech, nel febbraio 2014 fu eletto con le primarie: la sua, fu una candidatura unitaria. Difficile che nel 2017 si ripetano le stesse condizioni: diversa la fase, diverso il clima interno, le Regionali erano alle porte con la speranza che il vento renziano portasse al sorpasso sulla Lega targata Zaia.Oggi, la minoranza bersaniana esclude l'ipotesi unitaria e ragiona su un suo candidato d'area: «Non se ne parla, anzi c'è bisogno di elaborare un programma che riesca a raccogliere il sentiment del Veneto dicendo cose e facendo proposte diverse da quelle dette e fatte negli ultimi tre anni il Pd nazionale - chiarisce il deputato Davide Zoggia - Il congresso va bene, meglio tardi che mai. Anche se adesso, dopo lo tsunami referendum, dopo i flop su lavoro, scuola, immigrazione, il rebus elezioni Politiche, rischia di essere più un congresso di conta e posizionamento che di progetto». Dubbi che ha anche la deputata trevigiana Simonetta Rubinato: «Voglio capire se sarà un congresso vero. E lo vedremo subito dalle regole che il partito si darà: ricordo che nel 2014 la campagna elettorale per quelle primarie bulgare fu di soli 13 giorni. Voglio capire se saremo chiamati solo ad avallare direttive impartite da Roma o se la segreteria è realmente contendibile sulla base di proposte su come riorganizzare il partito per avere un Pd veneto autonomista e federalista».Nella maggioranza renziana, l'umore è quello che è: poca voglia di contarsi, prevale il bisogno di limitare i danni ed evitare complicazioni. In camera caritatis, c'è chi ne parla come di un male necessario. Al punto che c'è chi punta più che ad un congresso vero e proprio ad un accordo tra le componenti dem per decidere insieme procedure più snelle (ad esempio attraverso sette assemblee provinciali) e magari una candidatura comune. Alle ultime primarie, novembre 2014, andarono a votare in 40.000, Alessandra Moretti vinse col 66% la battaglia su Simonetta Rubinato (30%), terzo Antonio Pipitone (4%), per andare a contendere la Regione a Zaia. Adesso la corsa alle candidature scatterà quando ci saranno regole e date certe, cioè dopo il 13 gennaio. Ma proprio allo scopo di evitare di farsi ancora del male la maggioranza renziana vorrebbe presentarsi all'appuntamento con un nome secco in tasca. In questo senso, nelle ultime settimane, ha fatto passi avanti il nome di Alessia Rotta, 41 anni, deputata veronese, componente della segreteria nazionale. Rotta non smania, ma al dunque non direbbe no. Rotta è un nome che circola da tempo, come quelli del senatore vicentino Giorgio Santini e dei consiglieri regionali Francesca Zottis e Orietta Salemi, tutti papabili anche per la segreteria veneta. Tra i segretari provinciali chances potrebbero averne Massimo Bettin (Padova) e Alessio Albertini.