E’ stato approvato nel pomeriggio di domenica 25 giugno scorso dal Consiglio dei ministri il decreto legge n. 99/2017 che dà l'avvio alla liquidazione coatta 'ordinata' di Popolare di Vicenza e Veneto Banca e alla cessione delle parti good a Banca Intesa, separandole dai crediti in sofferenza e dai bond subordinati, che saranno collocati in una bad bank e posti in liquidazione secondo le regole italiane. Peraltro con alcune deroghe alla procedura ordinaria di liquidazione coatta amministrativa, condivise in sede UE, che vedono lo Stato (e quindi i contribuenti) farsi carico di una serie di oneri per garantire la continuità dell’accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, la gestione dei processi di ristrutturazione (con riferimento in particolare ai dipendenti), un meccanismo di ristoro dei creditori subordinati che siano investitori al dettaglio analogo a quello stabilito dal d.l. n. 59/2016 per i quattro istituti posti in risoluzione nel novembre 2016 (impegno questo già contenuto in un mio ordine del giorno del giugno 2016 accolto allora dal Governo: clicca qui per leggerlo). Il provvedimento, arrivati a questo punto, dopo il sostanziale dissesto delle due banche certificato venerdì 23 giugno scorso dal Meccanismo unico di Vigilanza, in sostanza la Banca Centrale Europea, si è reso necessario per garantire in concreto lunedì 26 mattina scorso l'operatività degli sportelli delle due Venete e per salvaguardare gli affidi alle imprese, assicurando così la stabilità del sistema economico del Nordest, ma anche del sistema bancario nazionale.
Un repentino cambio di rotta quello fatto dal Governo nelle ultime settimane rispetto alla soluzione della ricapitalizzazione precauzionale a cui si lavorava dallo scorso anno, con l'appostazione a tale scopo nel dicembre scorso di uno stanziamento di 20 miliardi di risorse pubbliche per mantenere in vita le due popolari venete unitamente al Monte dei Paschi di Siena. La prima indiscrezione sulla ipotesi della liquidazione secondo le regole nazionali di BpVI e VB era stata diffusa da Federico Fubini in un articolo del 7 giugno scorso sul Corriere della Sera (http://www.corriere.it/economia/17_giugno_07/banche-venete-spunta-terza-via-l-ipotesi-liquidazione-ordinata-3bcb1234-4aed-11e7-ac11-205c7f1cfc9f.shtml). Ma nulla era trapelato dal Mef, visto che il ministro Pier Carlo Padoan ancora il 14 giugno scorso, rispondendo in Aula alla Camera al question time, si era limitato a rassicurare che si stava cercando una soluzione d'intesa con la Commissione europea che, nel rispetto delle norme europee, evitasse il bail-in. Precisando che: "a differenza di quanto spesso ritenuto, non vi sono spazi di discrezionalità nazionale per procedere ad una misura di ricapitalizzazione precauzionale prima della positiva decisione della Commissione europea, se non dando corso ad una misura di aiuto illegale che, lungi dal mettere in sicurezza le banche, ne accrescerebbe l'instabilità: infatti, senza il preventivo assenso della Commissione, la Banca centrale europea non autorizzerebbe l'acquisto della partecipazione, e comunque imporrebbe di appostare a fondo rischi un ammontare analogo ai fondi immessi, dato che questi ultimi sarebbero soggetti ad una immediata decisione di restituzione da parte della Commissione europea". Anche la Commissione europea ha quindi compreso alla fine che un bail-in delle due venete (cioè un salvataggio interno che avrebbe falcidiato tutti gli obbligazionisti e i depositanti oltre i 100 mila euro prima che le due banche venissero ristrutturate per continuare a operare con un aiuto pubblico limitato) non conveniva a nessuno: i costi finanziari, economici e sociali di un loro fallimento, di molto superiori alle risorse necessarie per salvarle, non sono sostenibili per il Veneto e l'Italia, e avrebbero comunque ricadute negative anche sull'Eurozona. Per questo, riconoscendo la questione delle stesse meno grave dal punto di vista sistemico, ha trovato la via d'uscita per lasciare all’Italia la possibilità di risolverla attraverso la normativa nazionale. Tra chi gioisce per un sistema che sa essere flessibile e chi critica l’esborso di soldi pubblici, la verità, secondo «The Economist», starebbe nel mezzo e ci sarebbero buoni motivi per essere ottimisti.
Certo, i tempi e le modalità con cui Governo e Commissione europea sono arrivati a questo epilogo sollevano una serie di dubbi e domande, su cui commentatori, forze politiche e opinione pubblica discuteranno a lungo. Memore di quanto suggeriva Cartesio - "se vuoi diventare un vero cercatore della verità, almeno una volta nella tua vita devi dubitare, il più profondamente possibile, di tutte le cose" -, anch'io nutro una serie di dubbi in questa vicenda, ma sono anche consapevole che un dubbio eccessivo può trasformarsi in indecisione e irresolutezza e paralizzare le azioni necessarie a far fronte a situazioni che richiedono invece decisioni non rinviabili. Ecco perché non condivido le critiche di chi, anche tra le forze politiche, parla sempre con il senno del poi senza aver proposto sostenibili soluzioni alternative. A questi link trovi comunque alcuni articoli interessanti per approfondire il tema esercitando in modo sano il dubbio:
http://www.corriere.it/opinioni/17_giugno_27/meriti-demeriti-partita-banche-a7ca33a2-5aa1-11e7-b519-11e7c6330510.shtml
http://www.romanoprodi.it/strillo/le-banche-venete-e-la-tempesta-che-si-poteva-fermare-prima_14343.html
http://phastidio.net/2017/06/26/ritorno-del-bailout-nel-paese-non-si-salvera/
http://phastidio.net/2017/06/27/zaia-ristoratore-del-premio-allanalfabetismo-finanziario/
http://phastidio.net/2017/06/27/banche-venete-la-signora-tina-regna-sovrana/
In ogni caso, mentre ci apprestiamo al lavoro in Parlamento per la conversione del decreto legge n. 99/2017, l'amaro epilogo della vicenda delle due popolari venete non ci deve far dimenticare che se non ci sarà più una banca dall'identità veneta la responsabilità prima è della classe dirigente economica locale che amministrava questi istituti. Una classe dirigente così influente che ancora nel marzo 2016 la maggioranza dei soci di Popolare di Vicenza bocciò l'azione di responsabilità verso gli amministratori: un segnale pessimo anche per eventuali investitori interessati a salvarle. Ecco la mia dichiarazione su questo al Tg di Rete Veneta del 17 giugno scorso: https://youtu.be/OIyljXBoSGk. Inoltre, come ho dichiarato il 23 giugno scorso sempre al Tg di Reteveneta, credo che chi verrà ora in questo territorio sappia che questo è un territorio che può dare molto ma che chiede anche un'assunzione di responsabilità. Se non sarà più una banca veneta, quello che è importante è che sia una banca utile per i veneti: https://youtu.be/16_VhF8A-oY
Peraltro, come ho dichiarato in un comunicato del 15 giugno scorso, soltanto attraverso un’assunzione di responsabilità collettiva da parte di istituzioni politiche, associazioni di categoria e parti sociali del territorio sarà possibile ricostruire le condizioni di sviluppo del nostro tessuto economico dopo la catastrofe determinata dalla crisi delle banche popolari innescata dalla mala gestio di amministratori per anni da molti incensati e corteggiati. Per questo avevo apprezzato le parole del segretario della Cisl Veneto, Onofrio Rota, in una intervista del 15 giugno scorso (http://www.cislveneto.it/Rassegna-stampa-Veneto/Ex-Popolari-in-bilico.-L-intervista.-Rota-imprese-e-politici-e-tempo-del-mea-culpa), condividendo il suo richiamo al Governo a chiudere rapidamente la trattativa in sede europea per scongiurare il bail-in e insieme il suo invito al presidente Zaia a rendere produttivi i crediti deteriorati con società veicolo per la loro gestione, attraverso la garanzia di Veneto Sviluppo. Io stessa avevo sollecitato qualche settimana prima la Giunta regionale a raccogliere il suggerimento dei tecnici che avevano supportato la Commissione d'indagine regionale attivando attraverso Veneto Sviluppo meccanismi di garanzia delle imprese esposte, per ridurre proprio il quantitativo di Npl ed evitare che crediti esigibili siano svenduti a fondi ‘avvoltoio’ (clicca qui per leggere l’articolo: http://www.simonettarubinato.it/index.php?area=6&menu=116&page=323&lingua=4&np=1&idnotizia=4846).
Sono convinta che comunque che il Veneto ce la farà, perché l’autonomia responsabile è un valore che appartiene alla società veneta, che ha sempre dimostrato di saper sperimentare con successo forme di sussidiarietà sociale ed economica. Del resto – lo ricordo a Rota, che nella sua intervista vede “una regione che chiede autonomia ma non si assume responsabilità” - che senza una vera autonomia non ci può neppure essere una vera assunzione di responsabilità. Le recenti stime Istat su una crescita del Pil nel 2016 più alta nel Nordest (pari all'1,2%, rispetto alla media nazionale dello 0,9%: http://www.repubblica.it/economia/2017/06/22/news/pil_istat_nord_sud-168794100/), nonostante la catastrofe finanziaria ricaduta su famiglie e imprese del territorio con la crisi delle due popolari, confermano che ho ragione.