Quello che è accaduto giovedì mattina scorso in Aula alla Camera non è stato un colpo di scena. Non avendo i 5Stelle ritirato i loro emendamenti, era prevedibile che se li sarebbero votati. Così come era palpabile il disagio presente tra i deputati nel gruppo del Partito Democratico e in altri gruppi che sostengono la maggioranza, che avrebbe potuto manifestarsi comunque su altri emendamenti successivi, certamente su aspetti più sensibili: quelli per introdurre a favore degli elettori il voto disgiunto e le preferenze. Il malessere per le troppe forzature di queste ultime settimane si è quindi semplicemente materializzato prima, sul voto di due emendamenti localistici analoghi, uno della deputata Biancofiore di Forza Italia e uno dei deputato Fraccaro del M5S, volti ad estendere il sistema elettorale proporzionale anche al Trentino Alto Adige, dove invece sulla base degli accordi intercorsi sarebbe dovuto permanere il sistema maggioritario già esistente.
Un accordo politico tra forze così eterogenee, come Pd, FI, M5s e Lega Nord, su un tema così sensibile (il modo in cui si determina il meccanismo di scelta da parte degli elettori dei propri rappresentanti) può infatti tenere solo se è un accordo dal contenuto alto, mentre se è espressione di patti di potere getta sulla graticola chi è in contraddizione rispetto a quei patti. E lo dico avendo votato secondo le indicazioni del mio gruppo, come conferma il colore rosso della mia postazione immortalato dalle foto di una votazione che doveva essere segreta. Anche questo un fatto molto grave e che lascia non pochi dubbi.
Il capogruppo Rosato giovedì pomeriggio ha quindi saggiamente chiesto e ottenuto di rinviare il provvedimento in Commissione Affari Costituzionali. Bene, spero che il lavoro possa riprendere in quella sede: non rimpiangeremo il c.d. Tedeschellum, anche perché sarebbe stato Berlusconi il vero vincitore se fosse stato approvato (ed è infatti lui il principale perdente dall'approvazione dell'emendamento di una delle sue deputate più fedeli: una vera ironia della sorte). Il Parlamento ha comunque il dovere di fare una legge elettorale, ma deve fare una buona legge, non una legge per soddisfare le esigenze di qualche leader o solo per poter andare ad elezioni anticipate a settembre. Una scelta che sarebbe sbagliata e temeraria. Altro che partito dei franchi tiratori o dei vitalizi, come sostiene la Lega Nord. La questione vera è se, nell’attuale quadro politico, questa riforma elettorale avrebbe evitato o favorito il rischio di consegnare il Paese dopo il voto anticipato all’instabilità, con una manovra di bilancio da approvare magari in una situazione di poca governabilità e sotto la pressione dei mercati, di cui oggi siamo già in Europa, con uno spread sopra i 200 punti, gli osservati speciali. Non è significativo che dopo l’approvazione alla Camera dell’emendamento casus belli la Borsa sia salita e lo spread sia sceso? La circostanza conferma che l’instabilità politica (sicuro effetto sia di questa proposta di legge elettorale così come del Consultellum, secondo i commentatori più autorevoli: clicca qui per leggere l'articolo D’Alimonte) sarebbe una sfida ai mercati che non possiamo permetterci. Oltre che un azzardo sul piano politico, come in fondo dimostrano anche le elezioni inglesi.
I MIEI EMENDAMENTI IN COMMISSIONE ALLA LEGGE ELETTORALE. Secondo i più autorevoli commentatori, il testo partorito dall’accordo FI-Pd-M5s-LegaNord (cliccando qui trovi il dossier predisposto dal Servizio Studi della Camera), oltre a non garantire la governabilità, esproprierebbe gli elettori sia del potere di scegliere la gran parte dei parlamentari, sia della possibilità di conoscere prima del voto (e quindi del potere di indirizzare) le coalizioni per il governo del Paese. Le segreterie di partito potrebbero nominare di fatto almeno i 3/4 dei deputati e senatori, tenendosi le mani libere sulle alleanze post voto. Un bel salto indietro per i cittadini, ai quali con l’Italicum avevamo dato come Pd il massimo del potere con la doppia scelta del primo turno e poi del ballottaggio. Ho sentito perciò il dovere come rappresentante dei cittadini di provare a migliorare il testo: per questo avevo sottoscritto con alcuni colleghi degli emendamenti presentati in Commissione la scorsa settimana (clicca qui per leggerli) che avevano l’obiettivo di: 1) consentire, come nel sistema tedesco, il voto disgiunto per cui l’elettore può esprimere due voti, uno per l’elezione del candidato nel collegio uninominale e uno per la scelta del candidato della lista circoscrizionale del partito (preferenza); 2) proclamare prioritariamente eletti, per ciascuna lista cui sono attribuiti dei seggi, i candidati primi nei collegi uninominali e solo successivamente i candidati della lista circoscrizionale; 3) garantire la parità di genere. Questi ultimi due aspetti sono stati in effetti corretti nel lavoro della Prima Commissione. In Aula avevo quindi sottoscritto gli emendamenti ripresentati per migliorare il testo attraverso il voto disgiunto e le preferenze (clicca qui per leggerli).