Se anche la sua Vicenza volta le spalle ad «Ale» - Corriere del Veneto

20 dicembre 2016

Pagina 3, Primopiano

VENEZIA Fra scuse e dimissioni, nel giro di due giorni i post di Alessandra Moretti su Facebook hanno totalizzato più di 2.100 commenti: molti a sfavore, ma anche parecchi a sostegno. Volendo però geolocalizzare la rivolta contro l’ormai ex capogruppo regionale del Partito Democratico, occorre puntare su Vicenza, la città che dal 2003 l’ha via via lanciata nell’empireo della politica e che ora vorrebbe ridurla ad una piccola stella senza cielo. «All’assemblea nazionale del Pd — si è lasciata sfuggire lei ieri — domenica ho ricevuto tanta solidarietà e non solo da parte del segretario»: ma in Veneto, dove cantonate e ingenuità sono state inesorabilmente amplificate dall’esposizione mediatica e social, il suo astro continuerà a brillare? In questi anni non le è stato perdonato niente. Da un lato le hanno dato della «voltagabbana», perché da portavoce di Pier Luigi Bersani che attaccava Matteo Renzi alle Primarie del Partito Democratico, è diventata renzianissima candidata in rapida successione a Politiche, Europee e Regionali. Dall’altro è stata lei stessa a definirsi una «ladylike», etichetta che non è più riuscita a staccarsi di dosso, nonostante una campagna elettorale trascorsa a vestirsi (per sua infelice autodefinizione) «da autoferrotranviere». Fino alla clamorosa sconfitta contro Luca Zaia, con quel 22,74% che probabilmente le sarà rinfacciato all’infinito come «il peggior risultato di sempre per il centrosinistra in Veneto». Ieri i colleghi di Ferro Fini non hanno nemmeno provato a chiederle di restare alla loro guida. «Abbiamo rispettato la sua decisione, presa per evitare strumentalizzazioni», spiega il padovano Claudio Sinigaglia. Ma è tra i dem vicentini, fuori dal gruppo Pd, che vanno cercati i suoi più accaniti oppositori dell’ultima settimana. Il feroce post su Facebook del vicesindaco Jacopo Bulgarini d’Elci, le parole critiche del primo cittadino (e suo ex mentore) Achille Variati, il duro attacco sui social perfino della giovane Cristina Guarda, diventata consigliera regionale proprio grazie a Moretti Presidente. Un coro in cui l’unica voce berica apertamente difensiva arriva dall’opposizione, con l’ex forzista Dino Nani: «Trovo ridicolo ed eccessivo questo accanimento. La consigliera Moretti ha certamente commesso un errore che è stato fonte di equivoci e di chiacchiere, ma mi sembra che nei suoi confronti si usi sempre una durezza eccessiva». Forse che Moretti sconta anche il fatto di essere una donna? «Purtroppo a noi tocca un onere maggiore degli uomini — riflette la senatrice dem Laura Puppato — perché in un mondo sessista non ci viene concessa nessuna debolezza, che anzi viene amplificata a dismisura e classificata con rigore estremo. Per questo penso che ci sia ancora molto da fare, soprattutto se l’obiettivo è esprimere un volto che sia un emblema di futuro per il nostro partito. Comunque sia dimettendosi da capogruppo Alessandra ha fatto la scelta giusta e dobbiamo registrare la sua generosità». Valutazione condivisa dalla deputata Alessia Rotta, responsabile comunicazione nazionale del Pd: «Resto un po’ sorpresa per la decisione di confermarle l’incarico di “ufficiale di collegamento” fra Veneto e Roma, di solito questo è un ruolo da capogruppo. Ma il gruppo è sovrano, per cui è una decisione che rispetto, così come apprezzo il senso di responsabilità mostrato da Alessandra. Peccato che con questa leggerezza dell’India si sia persa in un bicchier d’acqua, così si è messa in difficoltà da sola». Vuole invece guardare avanti la parlamentare dem Simonetta Rubinato: «Non entro nelle vicende del gruppo consiliare regionale, tanto meno della mia competitor alle primarie. Mi auguro solo che ora ci si concentri sul fare un’opposizione più efficace ed utile ai veneti. Quanto al Pd veneto, registro che dopo un anno e mezzo dalle elezioni, da tempo si ritrova senza un segretario regionale, con la capogruppo in Regione dimissionaria, il più alto risultato al Nord del “No” al referendum costituzionale e senza ancora una linea chiara sull’autonomia, con una classe dirigente sempre in attesa di istruzioni da Roma». A.Pe.

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pubblicata il 20 dicembre 2016

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