Anche un autorevole uomo politico come Massimo Cacciari ha riconosciuto con chiarezza la necessità di fondare un Partito Democratico del Nord.
Come lui, peraltro, dopo la sconfitta elettorale sono in molti nel Partito Democratico a proclamarsi autonomisti: bisognerà avere il coraggio di passare dalle parole ai fatti. Mi sto, infatti, rendendo conto di persona dopo un anno di noviziato parlamentare che le oligarchie che gestiscono il potere nei palazzi romani sono lontane anni luce dal disagio che sta esprimendo il nostro territorio. E non si tratta di un problema solo del centro sinistra, visto che anche la Lega e la Cdl in cinque anni di governo non sono riuscite a rispondere alle attese dei loro elettori.
Siamo però arrivati al capolinea: chi oggi governa il Paese non può permettersi di non dare risposte ai territori che stanno trainando la crescita economica, perché oggi è a rischio la stessa tenuta della coesione sociale dell'Italia, che appare ormai divisa in due.
Il Nord vuole uno Stato dove la legalità è rispettata e i tribunali funzionano, dove i rifiuti non stanno ammassati per le strade e gli amministratori che sperperano denaro pubblico pagano di tasca propria, dove i giovani meritevoli trovano spazio per affermarsi e i pubblici dipendenti che lavorano vengono remunerati meglio dei fannulloni, dove chi è leale con il fisco paga meno tasse.
Sono convinta che l'approccio federalista sia quello che serve per attuare la riforma strutturale di uno Stato inefficiente, ma che gli attuali partiti non lo abbiano ancora compreso, perché a loro volta sono organizzati in modo centralistico e non federale; per questo già nel congresso della Margherita dell'aprile scorso avevo presentato una mozione sulla necessità di costruire il Partito Democratico come federazione di partiti regionali, radicati nei territori e dotati di vera autonomia politica, anche nelle alleanze a livello locale e regionale. Non dovrà più ripetersi, inoltre, l'inaccettabile imposizione di candidature calate dall'alto, né per il Parlamento né negli organi interni al partito.
Penso a un movimento del Nord o del Nordest, aperto alla massima partecipazione che, sull'esempio della Sudtiroler Volkspartei, abbia come suo obiettivo fondante quello di tradurre i bisogni di questi territori in una proposta politica credibile e che si allea a livello nazionale con gli altri partiti regionali che condividono gli stessi valori e programmi.
Non si tratta di essere localistici, ma di unire le forze riformiste migliori che condividono, al Nord, al Centro e al Sud, una nuova concezione dello Stato, per cementare in modo nuovo l'unità del Paese, dando voce ai municipi e all'economia diffusa e rimuovendo la burocrazia soffocante. Il federalismo, per il quale realtà territoriali diverse hanno bisogno di regole e leggi diverse in un contesto comune, ha già mostrato nei Paesi in cui è applicato di essere più efficace nel superare le disparità e le disuguaglianze. Si pensi alla Germania, che in occasione della riunificazione, ha attuato una forma di federalismo competitivo per sanare l'enorme divario tra Est ed Ovest.
Temo che il federalismo fiscale concertato da poco tra Governo e Regioni sia una proposta poco coraggiosa: lasciare qualche milione di euro in più al Nord è cosa sacrosanta, ma non basterà se non risolviamo una volta per tutte la questione meridionale.