Mose, deputati indagati braccio di ferro nel Pd e si apre il caso Rubinato - Il Gazzettino

15 dicembre 2014

Pagina 5, Primopiano

Davide Zoggia e Michele Mognato, i due deputati veneziani del Pd, vicini all’ex segretario Pierluigi Bersani, indagati dalla Procura per finanziamento illecito nell’inchiesta Mose continuano a non proferire parola, ma dal partito lagunare trapela che non hanno alcuna intenzione di fare quel passo indietro chiesto da Alessandra Moretti, candidata governatore, e dal segretario regionale Roger De Menech. In loro vece hanno "parlato" i rispettivi che chiedono l’archiviazione delle due posizioni. Ma nel Pd, sul passo indietro volontario, cioè l’autosospensione, c’è quasi un braccio di ferro tra le segreteria regionale che la sollecita e la segreteria veneziana che frena. Una divergenza circoscritta a questo singolo ma importante punto.

Da un parte, dunque, c’è De Menech che ieri ha ribadito «la richiesta tutta politica, non formale nè ufficiale di passo indietro perchè dobbiamo continuare il processo di rinnovamento in corso e far capire che siamo capaci di voltare pagina, a prescindere dalle questioni personali dei due nostri indagati. Ma sarebbe un’iniziativa opportuna». Ha parlato con Zoggia e Mognato? «Non ancora - risponde il segretario - Presto avrò un colloquio serio con loro». Sabato, De Menech (e con lui i big del partito) si era appellato alle «regole interne ferree del Pd, chi sbaglia paga» nel motivare la richiesta di autosospensione. Ma è proprio su questo punto che Marco Stradiotto, responsabile di Venezia, dissente: «Ho letto il codice etico e non non ho trovato scritto da nessuna parte che un indagato debba autosospendersi o che il partito debba prendere provvedimenti nei suoi confronti. Ed è giusto così. Altra cosa è un rinvio a giudizio. Lo dico pur non essendo d’accordo su varie posizioni politiche prese da Mognato e Zoggia, vedi il Jobs act - aggiunge Stradiotto - Parlo in generale e farei questo discorso anche se si trattasse di avversari di altri partiti: un’avviso della Proocura è a garanzia dell’indagato. L’indagato non è un appestato e sarebbe vergognoso se così non fosse, in uno stato di diritto. D’altra parte con il governatore dell’Emilia, Errani, non si è usato questo stesso metro di misura così rigoroso. Ma ha ragione Renzi quando dice "fuori i corrotti" dal Pd».

Mose a parte, nel Pd veneto spuntano altre tensioni. Ieri, la senatrice Simonetta Rubinato ha ufficializzato la nascita di qualcosa di molto simile ad una corrente, quasi un’opposizione interna: «Il progetto politico forte del consenso raccolto alle primarie del 30 novembre (Rubinato è arrivata seconda dietro la Moretti con 11.500 voti, il 29% n.d.r.) sarà strutturato con un riferimento in tutte le province - recita un suo comunicato - Via libera dunque ad un’associazione (nome provvisorio: Sepolfar n.d.r.) con l’auspicio che nelle liste del Pd alle Regionali sia inserito un candidato per ogni provincia che si riconosca in questo progetto». Sulle liste, Rubinato chiede una linea di assoluto rigore alla dirigenza regionale: «Non possiamo invocare a gran voce passi indietro e pulizia solo dopo le indagini della magistratura. Il Pd non dovrà candidare persone che hanno ricevuto finanziamenti per l’attività politica, anche se regolarmente dichiarati, da imprese o imprenditori indagati per fatti di corruzione». C’è chi legge in queste righe anche una stoccata, una punta di dente ancora avvelenato verso Alessandra Moretti, per il velato richiamo alla sua partecipazione ad una cena elettorale con i vertici del gruppo vicentino Maltauro, coinvolto nello scandalo Expo di Milano. La risposta del segretario De Menech è poco comprensiva: «Non ho capito qual è il punto di caduta della Rubinato: vuol fare il segretario regionale, vuole costruire un partito, vuol rifare le primarie? Perchè non c’è un secondo tempo: le primarie hanno detto "Moretti candidata" e mi auguro che tutto il partito remi nella stesa direzione. Non vedo il senso costruttivo di questa sua iniziativa, non c’è bisogno di nuove correnti, nè qui nè a Roma. Se c’è chi si diverte a creare tensioni e mettere in difficoltà il partito, ne prendo atto. Delle scelte personali ognuno poi risponde. Ricordo che l’avversario da battere si chiama Zaia». Anche Stradiotto critica la mossa della senatrice: «Non è che uno corre alle primarie per poi rivendicare candidati, lo spirito non è quello. E non è che c’è qualcuno sempre più specchiato degli altri. Faremo liste competitive di onesti, punto».

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pubblicata il 15 dicembre 2014

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