IL DIALOGO SOLO TRA ZAIA E IL MINISTRO STEFANI NON BASTA
L'autonomia differenziata chiesta dal corpo elettorale veneto è utile anche all'Italia, ma sarà impervia da realizzare sul piano tecnico e durissima su quello politico, per le resistenze conservatrici centraliste e per l'opposizione aperta di molti che temendo di perdere posizioni di rendita e di potere accusano di egoismo le ricche regioni del Nord e alimentano, anche strumentalmente, i timori dei cittadini delle regioni del Sud che temono che la loro condizione possa peggiorare a causa di minori trasferimenti di risorse.
Si tratta di resistenze e opposizioni che non vanno sottovalutate, visto che hanno sin qui impedito l'attuazione di precetti costituzionali, quali l'art. 5 e l'art. 119 della Costituzione. E che, con l'alibi della crisi della finanza pubblica, a partire dal 2011 hanno ridotto la legge delega sul federalismo fiscale (la n. 42 del 2009 e i relativi decreti legislativi di attuazione) alla tragica nemesi di un 'federalismo della crisi', utilizzato non per garantire e ampliare gli spazi di autonomia finanziaria degli enti territoriali responsabili, ma per ridurre la spesa pubblica locale, tagliando i trasferimenti interni dal governo centrale e trasferendo allo Stato una parte del gettito dei tributi degli enti locali.
Perché si dovrebbe riuscire quindi oggi a fare approvare in Parlamento una legge specifica a favore dell'autonomia differenziata del Veneto se non si è riuscito con governi di ogni colore politico neppure ad attuare chiari precetti costituzionali e leggi vigenti da decenni (le prime 'Disposizioni in materia di federalismo fiscale' risalgono al Decreto Legislativo 18 febbraio 2000, n. 56)? Certo la 'spallata' del referendum, con cui sia la politica regionale che quella nazionale devono fare i conti, è stata fondamentale, ma i voti per l'approvazione in Parlamento (almeno 316 alla Camera e 158 al Senato) dovranno arrivare anche da molti deputati e senatori eletti in altre regioni d'Italia.
L'atteggiamento molto prudente e quasi sulla difensiva del Ministro per gli Affari regionali, nel confronto di lunedì 10 settembre scorso al Bo' di Padova, credo testimoni proprio questa consapevolezza: da un lato, l'illustrazione delle complicazioni tecniche e burocratiche del percorso, la chiamata in alleanza di altre regioni, governate anche da forze politiche diverse; dall'altro, la volontà di dare comunque un segnale positivo alla comunità veneta fissando una data, una sorta di dead line simbolica, quella del 22 ottobre, che suona tuttavia come una messa in mora dello stesso governo di cui fa parte, per l'approvazione della legge delega (strumento più neutro perché fatto di principi).
E lo stesso Governatore, che pure ha incalzato chiedendo che sul futuro testo di legge venga messa la fiducia in Parlamento, dimostra di temere probabili ostacoli anche da parte del Governo amico quando ha dato un assist da non credere alla collega di partito: dopo che il ministro ha precisato che sarà trasferita alla Regione la spesa storica gestita oggi dallo Stato in Veneto, secondo una clausola di invarianza del bilancio dello Stato, Zaia ha affermato che in caso di risparmi dovuti all'efficienza della gestione regionale si potrebbe anche valutare di lasciarli a Roma! Ma come: siamo passati dai 9/10 delle risorse da trattenere sul territorio a confermare per l'ennesima volta la spesa storica dello Stato in Veneto, che penalizza i cittadini veneti da oltre quarant'anni? Questo è inaccettabile ed iniquo, tanto più se il modello di confronto sono le regioni speciali confinanti con cui le nostre famiglie e imprese devono confrontarsi e competere.
Per questo, dopo il confronto di lunedì, per tutti coloro che hanno creduto e credono in questa sfida ci sono più motivi di preoccupazione che di rassicurazione. Ecco perché mi auguro che tutti i rappresentanti istituzionali e i responsabili dei partiti del Veneto siano uniti in questa sfida di cambiamento ed innovazione istituzionale. Sbaglia chi sotto sotto tifa contro sperando di vedere finalmente Zaia sconfitto, così come sbaglia il presidente del Veneto a combattere questa sfida da solo credendo di farne una vittoria politica personale e della Lega. Ricordo a tutti che il 22 ottobre ha votato Sì all'autonomia il 56% degli aventi diritto al voto, contro il 24% che ha eletto Zaia nel 2015. Questa è dunque una partita che non può essere giocata con spirito di parte, pena l'ennesima sconfitta e frustrazione. Serve l'impegno e la collaborazione di tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo del Veneto e l'avvio da qui di una riforma strutturale del Paese.