Avevo 42 anni quando nel 2006, candidata nella lista della Margherita sulla spinta di una sorta di primarie tra i circoli del partito sul territorio della Marca trevigiana, venni eletta al Senato della Repubblica. Entrata il 28 aprile 2006 nel Gruppo L'Ulivo ebbi il battesimo del fuoco come componente dell'Ufficio di presidenza provvisorio, composto dai sei senatori più giovani quali segretari e dal presidente provvisorio Oscar Luigi Scalfaro, che proprio su mio input dichiarò la nullità della seconda votazione per l'elezione del Presidente del Senato a causa di tre schede che riportavano il nome di Francesco Marini, che non esisteva al Senato. Appena tre settimane dopo mi fu chiesta dalla capogruppo Anna Finocchiaro la disponibilità a passare, con altri colleghi, al costituendo Gruppo Per le Autonomie, per raggiungere il numero minimo di 10 componenti stabilito dal Regolamento.
Autonomista da sempre, tenacemente federalista, fortemente legata al territorio anche per essere entrata in politica attraverso l'esperienza di sindaco del mio Comune, accolsi con entusiasmo la proposta, pensando che fosse un'opportunità per rappresentare in modo più efficace la provincia di Treviso ed il Veneto, caratterizzati da una forte specificità territoriale e dall'aspirazione all'autogoverno.
Nel nuovo Gruppo si è instaurato da subito un clima di forte affiatamento e collaborazione, sotto il coordinamento attento ed equilibrato del capogruppo, il sudtirolese Oskar Peterlini, che nel suo intervento di insediamento sottolineò lo spirito di pari ordinazione tra i membri del Gruppo, indicando l’esperienza di autogoverno sperimentata con successo in alcune aree del Paese come un modello utile anche alle altre Regioni. Ciò mi confermò che non sarebbe stato un gruppo rappresentativo delle sole Autonomie speciali, consentendo invece spazi di manovra anche a favore di una Regione come il mio Veneto. Ho sempre creduto, infatti, che la riforma di cui ha bisogno lo Stato italiano è quella federale: non dunque la riduzione dell'autonomia delle Regioni speciali che hanno dimostrato di esercitarla con responsabilità, creando condizioni di sviluppo per i propri territori, ma al contrario il riconoscimento di una maggiore autonomia, anche finanziaria, alle Regioni che hanno già dimostrato di meritarla.
Fu una scelta felice, perché con il Gruppo Per le Autonomie ciascuno di noi riuscì ad avere maggior spazio di azione e più possibilità di incidere all’interno delle Commissioni, nonché di intervenire in Aula. Io, ad esempio, ho potuto rivestire il ruolo di capogruppo sia in Commissione Giustizia che in Commissione Bilancio. Ed intervenire in Aula in dichiarazione di voto come in occasione della fiducia sul decreto legge in materia di sicurezza ed espulsioni, dopo l'efferato omicidio di due coniugi a Gorgo del Monticano (TV) da parte di due albanesi con un basista romeno e la barbara aggressione di una donna (poi deceduta) nella città di Roma ad opera di un romeno.
Purtroppo il nostro lavoro fu interrotto dalla fine anticipata della XV Legislatura, nel gennaio del 2008, per la caduta del Governo Prodi, ma in due anni sono molte le proposte che, insieme agli amici del Gruppo, abbiamo portato avanti. Ne sottolineo alcune di cui sono stata protagonista.
Innanzittutto la battaglia per una maggiore giustizia fiscale a favore dei contribuenti onesti e delle forze produttive, dopo la protesta degli imprenditori, artigiani e commercianti scesi in piazza a Treviso e Vicenza contro la manovra finanziaria per il 2007. Di cui mi feci interprete già nel giugno del 2007 con una mia lettera al Presidente Prodi, rilanciata dal Sole 24 Ore, a favore del ripristino dei principi dello Statuto del Contribuente in materia di studi di settore, lotta all'evasione e contestuale riduzione della pressione fiscale, poi con un mio ordine del giorno accolto dal Governo, quindi - grazie alla collaborazione con la combattiva sen. Helga Thaler Ausserhofer - con una specifica mozione della Commissione Finanze e nella correzione nella successiva manovra finanziaria di alcune norme in materia fiscale, per semplificare gli adempimenti burocratici a carico dei contribuenti e per limitare le presunzioni negli studi di settore. Questo lavoro ispirò anche una mia proposta di legge (la n. 2002 AS), volta a inserire in Costituzione i principi dello Statuto del Contribuente di cui alla legge n. 212 del 2000, per evitare che le leggi finanziarie continuassero a disapplicarli, anzi a violarli, a favore dell'Amministrazione finanziaria e a danno dei contribuenti meno in grado di difendersi.
Voglio ricordare anche le mie iniziative emendative a favore degli enti locali più virtuosi, come in materia di patto di Stabilità ed assunzioni di personale. E ancora le misure della Finanziaria 2007 in materia di federalismo infrastrutturale (ovvero il via libera alla costituzione di quella che oggi è la CAV, la società mista Anas-Regione Veneto per la gestione del Passante) e di finanziamento di una serie di infrastrutture nella mia Regione, il cosiddetto 'aggregato tangenziali venete', per 150 milioni di euro, di cui circa 63 destinati alla variante di Col Cavalier nel bellunese, inaugurata nel giugno del 2015. Infine ricordo la soddisfazione di veder approvato un mio emendamento alla Finanziaria 2008, grazie alla collaborazione del sottosegretario all'Economia Nicola Sartor, che autorizzava un contributo decennale di 10 milioni di euro a decorrere dal 2008 per la realizzazione del secondo stralcio del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale. Un'opera strategica per l'area metropolitana centrale del Veneto, che tuttavia non poté essere completata negli anni successivi poiché il Governo Berlusconi cancellò inopinatamente il relativo finanziamento dal 2009.
Dell'esperienza di quei due anni di lavoro all’interno del Gruppo Per le Autonomie del Senato conservo dunque un bellissimo ricordo, come il migliore periodo della mia esperienza parlamentare. È stata una grande palestra di politica, foriera di iniziative concrete che hanno avuto ricadute positive sul mio territorio. Un'esperienza che ha rafforzato la mia convinzione della necessità di una riforma federalista dello Stato, tanto più urgente come conferma la frattura nella geografia elettorale dell'Italia e il caos politico che avvolge il centralismo romano dopo il 4 marzo, che dovrebbero indurre le persone di buon senso a muoversi per mettere in sicurezza le Istituzioni del Paese. Ciò significa limitare il potere (e i possibili danni) dello Stato centrale, lasciando invece maggiori spazi di autonomia alle Regioni e alle città, dentro un più ampio disegno democratico e federalista europeo.
Ringrazio il presidente Peterlini di aver pensato di raccogliere quell'esperienza plurale in questo libro, chiedendo a tutti noi di partecipare con un nostro contributo.
Simonetta Rubinato