Nel maggio scorso l'Iran è stato ammesso a far parte della Commissione dell'Onu per la Condizione Femminile. L'avvocato della donna condannata, Houtan Kian, ha dichiarato che la giustizia iraniana si accanisce su Sakineh solo «perché è una donna», che vive «in un Paese dove alle donne vengono negati i diritti più elementari». A Sakineh è stato impedito l'accesso a un processo equo, in una lingua a lei comprensibile. Ha subito la pena della fustigazione (99 frustate) davanti a uno dei suoi figli, è stata costretta a una confessione pubblica dopo essere stata accusata anche per concorso in omicidio del marito, di modo che venisse accelerato l'iter dell'esecuzione capitale, che potrebbe avvenire da un momento all'altro.
"Ci rivolgiamo a Voi - si legge alla fine dell'appello rivolto alla Commissione delle Nazioni Unite - con il cuore pieno di angoscia sperando di riuscire a scongiurare questa tragedia, memori anche di quanto la tenace mobilitazione della comunità internazionale ha potuto fare in passato per Amina Lawal, la giovane donna nigeriana anch'essa condannata alla lapidazione per adulterio, che alla fine venne assolta".
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