«È il big bang delle riforme istituzionali Vogliamo i nove decimi delle tasse»- Corriere della Sera

23 ottobre 2017

Pagina 5, Primopiano

VENEZIA Cauto e tattico, in mattinata Luca Zaia aveva messo le mani avanti: «Comunque vada, stiamo scrivendo una pagina di storia: il Veneto non sarà più quello di prima». Parole pronunciate alle ore sette, quando a San Vendemiano faceva ancora buio e lui e la moglie Raffaella si sono presentati per primi al seggio della scuola elementare del paese trevigiano dove vivono. Se a suo dire sarebbe andata comunque bene per il solo fatto di aver ottenuto dalla Corte costituzionale il referendum sull’autonomia, figuriamoci il governatore a mezzanotte, con quel numeretto che gli frullava davanti agli occhi: 58 per cento o giù di lì di affluenza, 8 punti oltre il quorum, il sì al 98 per cento: «È il big bang delle riforme costituzionali, è la caduta del muro di Berlino. Ora posso dirlo: è andata bene, vincono i veneti, vince il senso civico del “paroni a casa nostra”, il Veneto si candida a laboratorio delle autonomie». Il governatore rivendica di aver vinto anche sugli hacker che «hanno superato due dei tre livelli di sicurezza nei nostri programmi di rilevamento delle votazioni». Oggi più che mai rilancia uno dei suoi refrain: «Abbiamo messo una pietra miliare sulla storia della Repubblica italiana, il primo referendum sull’autonomia, da noi voluto e sudato. A Roma dovranno tenere conto di questo risultato, il federalismo è ora una via obbligata». Il risultato dell’affluenza si colloca sotto la soglia record ventennale del referendum costituzionale del dicembre scorso, che in Veneto aveva toccato il 76%, ma sopra altre dieci consultazioni dal 1997 a ieri. La domandina scritta su oltre quattro milioni di schede era semplice semplice: «Vuoi che alla Regione siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?». Ma, in concreto, cosa succederà? «Una volta validato il risultato da parte della Corte d’Appello ho pronta la delibera sulla piattaforma del negoziato che discuterò con tutte le categorie, le autonomie locali e che porterò all’approvazione del Consiglio regionale. Ed è già pronta la delegazione tecnica che seguirà la trattativa sui tavoli romani. Depositeremo la nostra proposta sui tavoli di Roma. Chiederemo al governo tutte le 23 competenze che ci spettano e le relative risorse economico finanziarie». Istruzione, ambiente, commercio estero, salute, ricerca scientifica, protezione civile. E, fra le altre, soprattutto quella più trasversale e sentita: imposte e tributi. Cosa significa esattamente avere questa competenza? «Il nostro residuo fiscale (la differenza fra quanto viene versato al Fisco e quanto torna in termini di servizi ai cittadini, ndr) ammonta a 15,4 miliardi di euro: è ora che i territori gestiscano le risorse prodotte sul territorio e smettano di finanziare gli sprechi di territori ormai tecnicamente falliti. Chiederemo i nove decimi del gettito». Come dire, con una maggiore autonomia molti denari rimarrebbero nelle casse venete. Ma è davvero così? Succederà tutto ciò, dopo la trattativa con il governo e l’ok del parlamento? «Assolutamente no, il referendum non andrà a incidere sul residuo fiscale, che tra l’altro non è di 15 miliardi ma molto meno», sostiene Stefano Fracasso, capogruppo del Pd in Consiglio regionale, che ha scelto e chiesto di astenersi dal voto. Ma il Pd sul referendum è diviso. Alfiere del sì Simonetta Rubinato, deputata trevigiana. Lei gongola: «Sono soddisfatta, è arrivata la spallata, è democratica e non è solo della Lega. Zaia ha ora un ampio mandato». Il governatore sogna Palazzo Chigi? «No, sogno un Veneto autonomo, sogno il federalismo, sogno una Roma che non penalizzi più la mia gente».

Andrea Pasqualetto

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pubblicata il 23 ottobre 2017

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