La manovra correttiva dei conti pubblici varata dal Governo è questa settimana all’esame della Commissione Bilancio del Senato (consulta il testo). Il provvedimento, che mira a recuperare la cifra di 24,9 miliardi di euro - intervenendo in modo particolare su pubblico impiego, previdenza, enti locali e sanità - non prevede significativi interventi strutturali per correggere gli squilibri attuali e per orientare lo sviluppo futuro. Le misure proposte dal Governo, infatti, non basteranno a far quadrare i conti pubblici dello Stato. Prepariamoci quindi ad un’altra manovra ben più severa.
Nel frattempo vengono colpiti ancora una volta e in maniera pesante gli Enti territoriali, già duramente provati dal vigente patto di stabilità. I Comuni, in particolare, pagheranno un conto salatissimo (circa 6,5 miliardi di euro nel triennio 2011 - 2013), nonostante siano l’unico comparto pubblico ad aver recuperato negli ultimi anni il proprio disavanzo - come recentemente attestato dalla Corte dei Conti -, mentre i dati Istat confermano che ad essere fuori controllo è la spesa della Amministrazioni Centrali: il loro disavanzo passa dai 31,7 miliardi del 2007 ai 72,1 del 2010!
Insomma, gli enti locali continuano ad essere il bancomat del Governo.
Particolarmente penalizzati saranno anche quelli del Veneto. Le dichiarazioni ottimistiche della prima ora di esponenti veneti della maggioranza mi avevano lasciata sbigottita (vedi l'intervista pubblicata sul Corriere del Veneto il 30 maggio scorso). Le proiezioni elaborate dall’Ifel e pubblicate sul Sole 24 Ore di questa settimana (consulta le tabelle riassuntive) mi hanno purtroppo dato ragione: gli effetti della manovra correttiva, se non sarà profondamente rivista in Parlamento, saranno drammatici per la gran parte dei nostri Comuni e metteranno a rischio l’erogazione dei servizi ai cittadini, oltre a dare un colpo mortale agli investimenti in opere pubbliche.
Infatti, per effetto dell’art. 14, commi 1 e 2, la disciplina del patto di stabilità viene ad essere radicalmente modificata: i comuni devono contribuire per 1.500 milioni di euro per l’anno 2011 e 2.500 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012, attraverso la riduzione in pari misura dei trasferimenti statali correnti, che sarà effettuata dallo Stato con criterio proporzionale. Queste norme avranno un effetto drammatico per i nostri Comuni, già sottodotati in termini di trasferimenti da parte dello Stato. Ma non basta: per effetto del comma 3 gli enti inadempienti al Patto, che sino ad oggi erano sanzionati con un taglio del 5% degli stessi, si vedranno tagliare i trasferimenti, nell’anno successivo, in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico e, in caso di insufficienza, la riduzione verrà effettuata a valere anche sugli anni successivi. Considerato che gran parte dei Comuni, per effettuare i pagamenti delle opere pubbliche già realizzate non più procrastinabili, saranno costretti a non rispettare la soglia assegnata dal patto di stabilità, lo Stato nel giro di due/tre anni azzererà i trasferimenti agli enti locali già sottodotati e che aspettavano il federalismo per avere un po’ di giustizia!
Senza contare che oltre al danno, per i Comuni virtuosi c’è pure la beffa, visto che il comma 14 dello stesso articolo 14 costituisce un fondo presso il Ministero dell’Economia con una dotazione annuale di 300 milioni di euro, a partire dall’anno 2011, per il Comune di Roma…
Le forti reazioni di molti sindaci, di ogni appartenenza politica, ci inducono a sperare che facciano finalmente fronte comune per ottenere dal Governo la modifica della manovra. Insieme, sindaci e parlamentari del territorio, devono far sì che la manovra diventi un primo banco di prova del federalismo (vedi l'intervento pubblicato su La Tribuna). Come? Chiedendo al ministro Tremonti di passare dai tagli lineari, che colpiscono tutti indifferentemente, ai tagli federali, imponendo cioè maggiori sacrifici a quegli Enti che continuano sprecare i soldi dei cittadini. In questo modo sarebbe possibile ridurre i tagli sui nostri Comuni virtuosi, allentando i vincoli del patto di stabilità per consentirci di impiegare le risorse, oggi bloccate dal patto di stabilità, per pagare le imprese, sostenere le famiglie in difficoltà e realizzare quegli investimenti di cui il territorio ha estremo bisogno per uscire dalla crisi. E il Governo non se la può cavare dicendo che non ha dati sufficienti per distribuire in modo più equo i sacrifici.
Credo che tutti condividano che si tratta di una giusta battaglia a difesa degli interessi dei nostri cittadini e per il futuro del nostro territorio.
Segnalo infine il contenuto dell’art. 18 (clicca qui per consultarne il testo) in materia di partecipazione da parte dei Comuni all’attività di accertamento fiscale e contributivo, che impone loro di istituire il Consiglio Tributario comunale con il fine di collaborare con l’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanzia e l’Inps, per segnalare elementi utili inerenti le dichiarazioni presentate dai contribuenti aventi domicilio fiscale nel Comune. E impone inoltre di comunicare all’Agenzia delle Entrate, entro 60 giorni dalla segnalazione ricevuta dalla stessa, ogni elemento in possesso dell’Amministrazione Comunale utile alla determinazione del reddito complessivo, prima dell’emissione dell’avviso di accertamento dell’Agenzia nei confronti dei contribuenti.
Insomma, il Governo ha fatto bella figura con i cittadini togliendo l’Ici sulla prima casa. Ora, con le nuove norme sul patto di stabilità, in un colpo solo si libera non solo dall’obbligo di rimborsare l’Ici ai Comuni, ma anche di effettuare i trasferimenti statali sin qui erogati, cercando di costringere i Sindaci di recuperare questi mancati introiti facendo gli sceriffi di Nottingham nei confronti dei cittadini!
Anche sotto questo profilo il disegno politico sotteso alla manovra è inaccettabile ed è l’esatto contrario del disegno federalista contenuto nella nostra Costituzione, che all’art. 5 impone alla Repubblica di riconoscere e promuovere le autonomie locali. Dal nostro territorio deve alzarsi la più ferma e unitaria opposizione.
Simonetta Rubinato