Slitta il referendum di Zaia voto e trattativa a dicembre - La Tribuna di Treviso

10 luglio 2016

Pagina 11, Regione

SILEA Autonomista accesa e minoritaria in un Pd veneto che ha smarrito il feeling con il territorio, la deputata Simonetta Rubinato non ci sta a regalare a Luca Zaia il palcoscenico referendario. «Questa consultazione è un’occasione straordinaria per dare voce al nostro popolo dopo anni di retorica frustrante», sentenzia la trevigiana, «il Veneto vive il disagio di una regione stretta fra tre autonomie speciali e il referendum diventa uno strumento di democrazia diretta, un’opportunità per tutti che il centrosinistra non deve snobbare ma cavalcare. Sbaglia chi, nel mio partito, liquida la consultazione come una banalità; sbagliano ancor più i leghisti che rilanciano il miraggio assurdo dell’indipendenza; e fatico a comprendere l’attendismo del governatore Zaia che, ad un anno dal via libera della Corte Costituzionale, temporeggia ancora sui tempi del voto». Tant’è. La cattodem prova a passare dalle parole ai fatti. Convoca i fedelissimi a Silea, lancia il comitato per il sì referendario “Realtà Veneto” («Ne ho parlato al vicesegretario nazionale Guerini, mi ha incoraggiata ad andare a avanti») e chiama a convegno i maggiori esperti dell’università di Padova in materia federalista: i costituzionalisti Mario Bertolissi e Luca Antonini, l’economista Carlo Buratti. Che affrontano la questione da più versanti. Stile affabulatorio e tempra da alpino, Bertolissi: «C’è il Veneto del Mose, delle banche popolari, di Abano Terme, dei veleni di Porto Marghera. E c’è anche quello degli imprenditori che investono ogni euro nell’azienda e degli operai che sgobbano senza guardare l’orologio: gli uni e gli altri lavorano al bene comune. La domanda: siamo convinti che l’autonomia sia un pacco dono, ne abbiamo orrore come quel sapientone di Mario Monti, oppure la rivendichiamo coscienti che si tratta di un’assunzione di responsabilità, con tutti i rischi e le chance che comporta la libertà di scelta?»; patrocinatore della causa referendaria alla Consulta («Dopo i “no” del 1992 e del 2000 è arrivato un sì che ha del miracoloso... »), il giurista cita «L’isola del tesoro» e Piero Gobetti, Tocqueville e il Vangelo di Marco. Fino alla morale della favola: «Speriamo sia la volta buona, io ci credo purché poi si vada a Roma in qualità di interlocutori che si fanno rispettare, se invece saremo dei “quaquaraquà” che parlano politichese, sarà la solita gita per tornare a mani vuote». «Il referendum è utile, anzi sacrosanto», fa eco Buratti «ma nessuno si illuda di trattenere in Veneto i nove decimi delle risorse al pari delle province autonome di Trento e Bolzano, i cui privilegi anacronistici sono blindati da un trattato internazionale garantito dall’Onu. Il referendum veneto si interseca con quello costituzionale di Renzi e Boschi, che, in caso di successo, depotenzierebbe le autonomie ma non eccessivamente perché l’articolo 116 della Costituzione resta un grimaldello potente per conquistare maggiori competenze». E poi Antonini, delegato da Zaia a condurre la trattativa giuridica con il Governo: «Fin qui il confronto è stato inquinato dalla sterile retorica federalista e dalla disastrosa pratica del centralismo mentre gli statuti speciali concessi hanno risposto a calcoli politici non a requisiti di merito. Oggi Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana hanno il diritto di reclamare maggiori spazi decisionali perché dimostrano di gestire correttamente le risorse pubbliche; ad altre regioni, quali Calabria e Sicilia, il grado di autonomia andrebbe invece ridotto, se non azzerato. Il negoziato con il Governo? La decisione spetta alla politica, da parte mia credo che potrà decollare davvero solo dopo il referendum costituzionale, che influenza la materia in oggetto, e quello che veneto, il cui esito, anche in termini di affluenza, condizionerà il potere contrattuale della Regione. Viceversa rischieremmo di discutere del nulla». Un’opinione che riflette l’orientamento di Zaia; fonti di Palazzo Balbi fanno sapere che il governatore ritiene «realistico» entrare nel vivo della trattativa solo a consultazioni concluse; e poiché i rumors romani alludono con insistenza ad uno slittamento a novembre del referendum del premier, i tempi tecnici del Balbi le valutazioni di ordine politico dell’esponente leghista suggeriscono l’inizio di dicembre come data probabile.

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pubblicata il 10 luglio 2016

 
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