L'eterna guerra fratricida e l'emergenza profughi I dem: siamo senza guida - Corriere del Veneto

07 giugno 2016

Pagina 3, Primopiano

venezia «Siamo abituati a vincerne tante ma non è questo il giorno. Non facciamo il solito teatrino, non siamo contenti e non faremo sorrisi d’ordinanza». All’indomani di una tornata elettorale difficile, di certo pensando più a Roma e Napoli che a Chioggia e Montebelluna, Matteo Renzi detta la linea al Pd: vietato nascondersi dietro a un dito, i numeri vanno letti per quel che sono e le responsabilità sviscerate una dopo l’altra. E in Veneto, per una volta, i dem sono tutti d’accordo col premier-segretario: musi lunghi, accuse incrociate, botte da orbi. Nel partito che s’è visto soffiare 4 grandi Comuni al primo turno, è rimasto escluso da 4 ballottaggi su 7 ed è uscito sconfitto qui e lì nei piccoli municipi, va in scena la decimillesima resa dei conti.

L’analisi delle cause di questa nuova debacle, che segue le Regionali e preoccupa in vista del referendum sulla riforma Boschi da cui dipende la sopravvivenza del governo, porta in varie direzioni. Il clima sul territorio non era dei più favorevoli, per via dei continui tagli agli enti locali (lamentati dagli stessi amministratori Pd) ma soprattutto per le tensioni generate dalla difficile gestione dei profughi, vissuta dalle comunità locali, complice l’incessante tam-tam leghista, come un’imposizione di Renzi e Alfano. Non può essere un caso che nei Comuni in cui più alta è salita la tensione, il Pd abbia dovuto cedere il passo al centrodestra: così a Vigodarzere, dove il sindaco arrivò a minacciare le dimissioni; a Oderzo, dove planò Salvini e Zaia si mise alla testa di una fiaccolata; a Eraclea, il cui residence divenne un simbolo dell’emergenza; a Este, dove ci fu la rivolta dei migranti per il cibo «scadente». L’aspetto è sottolineato anche dalla senatrice Laura Puppato: «L’immigrazione è stato il convitato di pietra di queste elezioni, il responsabile della disaffezione e del voto di pancia». E però secondo Puppato non c’è soltanto questo, all’origine di «una nuova sconfitta, acclarata e incontrovertibile». Ci sono «i frazionismi e la litigiosità interna», le «presunzioni individuali», un Pd che «ha perso un anno senza riuscire a eleggere il suo segretario, rivelando un’inconsistenza organizzativa che ha lasciato a se stessi i territori». Per la senatrice di Montebelluna «ora siamo veramente all’anno zero».

Il deputato Davide Zoggia, esponente della minoranza, parla di «situazione preoccupante e allarmante: nella mia provinca, Venezia, avevamo 7 Comuni e ora ne contiamo 3, a Chioggia siamo arrivati addirittura quarti. Da un anno discutiamo su come rimettere in piedi il partito, a cui non riusciamo a dare un profilo politico e amministrativo sul territorio. Non basta dire: c’è Renzi. Se a questo aggiungiamo le politiche non proprio brillanti messe in atto verso gli enti locali e i banchetti per il sì al referendum allestiti in piena campagna elettorale...».

Picchia duro anche la senatrice trevigiana Simonetta Rubinato: «È evidente l’effetto di trascinamento negativo della sconfitta delle Regionali, quando il Pd veneto ha dimostrato di non saper sintonizzarsi con il sentire profondo della società veneta e ciò nonostante non è stato capace, e in parte non ha voluto, dare un segnale per dimostrare che aveva capito la lezione. Siamo senza una guida, senza una linea politica chiara, assenti sui temi che interessano ai veneti».

Ce n’è quanto basta per scatenare la dura reazione del segretario (dimissionario) Roger De Menech: «Oggi dovrei essere io a chiedere la testa di qualcuno - va giù secco - gli stessi che hanno chiesto la mia e pretendono il congresso ma poi perdono nei loro Comuni. Nel mio, Ponte nelle Alpi, il mio ex vicesindaco è stato eletto due anni fa col 70%, perché abbiamo lavorato bene sul territorio. E se avessimo perso, di certo non avrei dato la colpa alla segreteria regionale o a Renzi. Abbiamo seminato, lo stesso non si può dire di qualcun altro. La verità è che manca il rinnovo della classe dirigente e ci si preoccupa troppo delle sterili battaglie interne che alla gente interessano zero. O qualcuno pensa davvero che i problemi si risolvano nel chiuso delle segreterie?». Prova a dare una ventata di ottimismo la capogruppo in Regione Alessandra Moretti: «Sono certa che chi oggi ha votato per i partiti disfattisti e populisti, che isolano il Veneto dall’Italia e dall’Europa, al referendum voterà convinto per il cambiamento».

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pubblicata il 07 giugno 2016

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