Le imprese: «Stop ai fondi a pioggia» Trecento milioni di incentivi da ritarare - Corriere del Veneto

31 marzo 2016

Pagina 2, Primopiano

Venezia Azzerare (quasi) tutto. Rivedere le leggi ma soprattutto i provvedimenti attuativi che si sono via via succeduti negli anni, nel tentativo di adeguare alla realtà norme pensate dieci o vent’anni fa, quando la Grande Crisi era ancora di là da venire. Ma soprattutto, bloccare la distribuzione di fondi a pioggia. Sono queste le richieste rivolte alla Regione da industriali, artigiani e commercianti, chiamati in causa dal dossier svelato ieri dal Corriere del Veneto sugli esiti (assai poco entusiasmanti) delle politiche di aiuto alle imprese messe in campo nell’ultimo quindicennio da Palazzo Balbi.

Il verdetto del gruppo di ricerca dell’Università di Padova, guidato dal professor Carlo Buratti, è impietoso: «I risultati non sono molto positivi – si legge nel report -. Le misure adottate non sono in genere in grado di raggiungere gli obiettivi primi dell’intervento pubblico». E ancora: «L’indagine non dimostra l’esistenza di un chiaro e forte impatto degli aiuti regionali sul livello degli investimenti, dell’occupazione, del fatturato e, più in generale, della competitività delle imprese venete». Il governatore Luca Zaia non commenta, così come l’assessore allo Sviluppo economico Roberto Marcato, e anche il neo presidente di Veneto Sviluppo Massimo Tussardi preferisce passare la mano. Eppure, fanno sapere da Confindustria e Confcommercio, in passato non sono mancate da parte delle categorie le esortazioni a cambiare rotta. «Abbiamo avanzato alcune proposte, cercando di dare un contributo sulla base della nostra esperienza - ricorda Massimo Zanon, presidente di Confcommercio - ma non siamo mai stati ascoltati. Ed è chiaro che quelle soluzioni, adesso, non sono più attuabili, ne vanno elaborate altre». Gli industriali, assicura il vice presidente di Confindustria Luciano Miotto, ne hanno già di pronte, «basta solo che ci dicano in quale sede si possono discutere». Su un punto, comunque, tutti concordano: «La stagione dei soldi a fondo perduto, distribuiti a pioggia sul territorio, spesi male, su progetti che sin dal principio si sapeva non sarebbero andati da nessuna parte, è finita».

Miotto tende una mano a Palazzo Balbi, rifiutandosi di colpevolizzare oltremodo la politica: «L’inefficacia degli incentivi alle imprese è un tema che si sta affrontando in tutto il mondo e il fatto che la Regione abbia commissionato all'università questa analisi significa che c’è coscienza e lo si vuole risolvere (va però precisato che lo studio non è stato commissionato all’università dalla giunta ma dall’Osservatorio della spesa, il centro studi indipendente del consiglio regionale, ndr .)». Racconta Miotto di aver provato sulla sua pelle l’inefficacia del malfunzionamento del sistema («Con la mia impresa esclusa dagli aiuti a favore di altre che poi sono durate ben poco») e stiletta: «Qualcuno mi deve spiegare quale contributo dà alla crescita e allo sviluppo dell’economia veneta l’apertura di un bar. Mi dicono: ma ha le pareti tutte blu! E allora? È quella “l’innovazione”?».

Non temono di essere impopolari, i leader delle categorie, cui va dato atto di parlar chiaro. Così, ad esempio, Zanon sulla legge per l’imprenditoria giovanile: «Si parla molto dei contributi ai giovani, perché va di moda e attira l’applauso. Benissimo ma mi chiedo: ha più senso finanziare la start up di un ventenne che ancora non ha chiaro che fare da grande, destinata a non sopravvivere più di un anno, oppure l’azienda di un cinquantenne, che ha già dieci dipendenti e magari sta attraversando qualche momentanea difficoltà?». Il presidente di Confcommercio non crede che la via da seguire sia quella dell’azzeramento degli incentivi, anzi, «se vogliamo proprio dirla tutta, la cifra di 388 milioni contenuta nel dossier è troppo bassa, perché va spalmata nell’arco di 10 anni. Insomma, sono briciole. Se la Regione vuole davvero impattare sull’economia veneta deve investire di più, cambiando però completamente obiettivi, perché certi settori sono stati premiati più di altri, e strumenti, ad esempio puntando con maggior determinazione sui nostri Confidi e meno su Veneto Sviluppo». Alcuni miglioramenti, secondo Confartigianato, sono già stati apportati: «Per quanto ci riguarda - spiega il presidente Luigi Curto -, consci che le norme per il nostro comparto sono datate, è già in atto un processo di innovazione legislativa orientata alla massima competitività e al posizionamento sul mercato». Curto invita poi a distinguere tra gli interventi di sostegno al credito (come quelli messi in atto dai Confidi, ndr .) e i finanziamenti a fondo perduto e chiude ironizzando: «Gli importi sotto accusa rappresentano appena un terzo delle presunte tangenti sul Mose... Sono stati commessi degli errori? Può essere ma solo chi non fa non sbaglia».

E la politica? Detto dei silenzi di giunta e maggioranza, è l’opposizione a ragionare sul dossier. Per Simonetta Rubinato, senatrice del Pd, «questa può essere l’occasione per una buona spending review . L’amministrazione farebbe meglio ad abbassare il prelievo fiscale sulle imprese che elargire loro contributi a pioggia, che finiscono per distorcere la concorrenza ed essere utilizzati a fini di consenso politico. Ci sono due ambiti in cui si potrebbe intervenire subito: rifinanziare i Confidi per l’artigianato e per le Pmi, che invece sono stati azzerati, e cofinanziare in modo cospicuo il piano per la banda ultralarga avviato dal Governo, che ha già visto il Cipe assegnare al Veneto 316 milioni». Simone Scarabel, consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle, va invece giù piatto: «Quello dei finanziamenti regionali alle imprese si è rivelato un sistema marcio, è impossibile metterci mano, bisogna azzerare tutto e ricostruirlo da capo. Il problema, come sempre, è la politica dei partiti. Se i finanziamenti vengono dati non per mantenere in vita e sviluppare le imprese in modo meritocratico ma per mantenere i propri bacini elettorali sul territorio, allora è meglio che a gestire questi soldi sia qualcun altro».

Marco Bonet

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pubblicata il 31 marzo 2016

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