Il disegno di legge sulle Unioni civili

24 marzo 2016

Negli ultimi mesi la scena sociale e politica si è concentrata sul tema delle Unioni Civili innescando un dibattito che tocca molto in profondità le nostre idee di società, di famiglia e di persona.

Il testo approvato dal Senato (che trovi a questo link) è stato incardinato in Commissione Giustizia della Camera lo scorso 3 marzo e la volontà del Partito Democratico è quella di approvarlo alla Camera senza modifiche ulteriori. Proprio nella consapevolezza di questo esito, con altri colleghi deputati eravamo intervenuti manifestando la nostra posizione già durante il dibattito al Senato. Ho avuto così modo di esprimere allora pubblicamente il mio pensiero, in ordine alla necessità di distinguere il tema dei diritti civili delle persone di una coppia omosessuale da quello dell’adozione dei minori.

Da un lato sono convinta della necessità di dare finalmente anche al nostro Paese una legge che riconosca le unioni civili fra omosessuali per tutelare le legittime aspettative di persone che decidono di condividere un progetto di vita, anche nell'interesse pubblico di dare stabilità ad una convivenza affettiva, recuperando il gap normativo, oltre che civile e sociale, con altri paesi europei. Giàal tempo del governo di Romano Prodi, nel 2007, avevo espresso il mio giudizio favorevole alla proposta di legge sui c.d. Dico (analoghi ai Pacs francesi), oltre che intervenendo in Commissione Giustizia, anche in una lettera aperta all'allora vescovo di Vittorio Veneto Mons. Zenti, nella quale rilevavo che chi ha responsabilitàdi governo deve interessarsi anche dei mutamenti sociali dell'istituto familiare e delle nuove forme di unione per dare risposta alle situazioni concrete in cui via via emerga il bisogno di dare tutela alla dignità delle persone e in particolare ai soggetti più deboli in una coppia. Purtroppo all'epoca la proposta si arenò e poco tempo dopo cadde lo stesso Governo Prodi.

Dall’altro lato, partendo dal principio che un bambino non è un diritto, ma una persona con dei diritti, non credo si possa ritenere giusto tutto ciò che oggi il progresso della scienza consente (quante aberrazioni ne deriverebbero se le possibilità che la tecnica consente non fossero guidate dal discernimento etico e politico? La storia su questo è maestra). Grazie all'ingegneria genetica possono diventare genitori donne single, uomini single, coppie etero o omo, coppie sterili, perfino coppie fertili se la donna non vuole rovinare il suo corpo. Una cosa sono gli strumenti della tecnica, altra i fini delle azioni umane. Non si può affrontare questo tema in modo ideologico, ma interrogarsi in modo autentico sui tanti dubbi che questo comporta partendo da alcuni principi fermi di realtà e valori fondamentali. Almeno è quello che io provo a fare.

Credo che ogni bambino abbia il diritto di conoscere chi sono i suoi genitori biologici e che sia fondamentale per la sua crescita equilibrata preservare il legame insostituibile con la madre anche dopo i nove mesi di gestazione, madre che nel nostro ordinamento è ancora colei che lo partorisce (v. art. 269 comma 3, cod. civ.). Gli adulti (single, etero o omo) non dovrebbero poter precostituire - sulla base del loro solo desiderio di avere un figlio - le condizioni di fatto e giuridiche, violando la legge nazionale che vieta la maternità surrogata, per far nascere un bambino predestinato a non conoscere o a non vivere i suoi legami naturali. Il diritto di un minore ad “identificarsi come figlio di una madre e di un padre e ad assumere, così, una precisa e completa identità” è un principio generale che non solo esiste, ma che è anche tutelato dall’art. 7 della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo. Esso trova un limite solo se dalla pura e semplice attribuzione della genitorialità può derivare un danno gravissimo allo sviluppo psicofisico del bambino.

Al riguardo condivido questo articolo di Crepet: http://www.avvenire.it/Politica/Pagine/Lutero-in-affitto-ruba-lidentit-ai-bambini-.aspx).  

Certo, se un bambino non ha i genitori, l'adozione è lo strumento per dargli una famiglia o una comunità affettiva che si prenda cura di lui e penso sia opportuna una riforma complessiva dell'istituto, valutando l'eventuale allargamento dei soggetti adottanti a chi è in grado di dare amore a un bambino già nato anche se non sposati o single. Ma sarebbe opportuno farlo senza confondere in tali casi lo status di filiazione e quello di parentalità. Molte persone sono capaci di svolgere delle funzioni parentali che potrebbero essere legalizzate dalla società, senza per questo dover essere qualificate come genitori. La carenza del nostro sistema giuridico è di aver creato solo uno statuto che unisce la filiazione e la parentalità, ovvero quello di genitorialità. In Francia si è lavorato ad esempio alla formulazione di una proposta di "padrinato parentale", uno status legale che assegnerebbe ai padrini e ai bambini diritti e doveri reciproci. Questa discussione, infine, va fatta senza strumentalizzazioni che sostengano che i bambini che crescono in una coppia gay sarebbero privi di ogni tutela. Non è così. In ogni caso nel nostro ordinamento un bambino viene infatti riconosciuto come figlio del partner della coppia omosessuale che ne è genitore biologico e, in caso di morte di questi, in base all'art. 44 lettera a) della L. 4 maggio 1983, n. 184, può essere dato in adozione al partner che gli sopravvive. Inoltre, secondo una parte della giurisprudenza, l'art. 44 lettera d) della medesima L. 184/1983 già consentirebbe al giudice di assegnare in adozione (adozione speciale) il bambino al partner convivente del genitore biologico, a prescindere dal sesso.

E' con queste motivazioni che, insieme ad altri trentasei colleghi deputati del Pd, ho firmato, alla vigilia della discussione in Aula al Senato, il documento che trovate a questo link http://www.alfredobazoli.it/unioni-civili-un-ultimo-sforzo/. L’obiettivo era quello di contribuire a sciogliere alcuni nodi critici contenuti nel ddl Cirinnà per far giungere in porto la nuova disciplina sulle unioni civili. Preciso che non mi ritrovo per nulla nella definizione costruita per l'occasione dai media: il documento dei "cattodem", anche perché sottoscritto da colleghi non cattolici. Su questo ho condiviso l'intervento del collega Ernesto Preziosi su l'Unità, cui vi rimando: http://www.argomenti2000.it/sites/default/files/Cattodem%20espressione%20inutile.PDF#overlay-context=content/verso-una-mappa-del-cattolicesimo-democratico.

Due i punti essenziali del documento: ilprimo, segnare la differenza fra le unioni civili e la famiglia naturale fondata sul matrimonio ex art. 29 della Costituzione. Lo stesso Quirinale era intervenuto rilevando dei dubbi sulla equiparazione surrettizia di queste due formazioni sociali e affermando la necessità di prevedere un quadro normativo specifico che non andasse a scontrarsi con la normativa già esistente in materia di matrimonio del codice civile e soprattutto della Costituzione (v. sentenza n. 138/2010 della Corte Costituzionale). Ci deve animare, infatti, in qualitàdi legislatori, non solo la volontàdi garantire un diritto ma anche di renderlo poi effettivo. Un passo importante nel testo del ddl Cirinnà, in tale direzione, lo si è fatto nel definire le unioni civili come “formazioni sociali specifiche", rientranti nell'alveo dell'art. 2 della Costituzione.

Il secondo punto riguardava la c.d. "stepchild adoption" (letteralmente: adozione del figliastro). La richiesta del suo stralcio non è scaturita da un pregiudizio nei confronti delle coppie omosessuali, ma da un principio di precauzione nell’interesse del bambino. Psichiatri e psicologi segnalano infatti che per l'equilibrio di un bambino in fase di costruzione del sé è necessario che egli si relazioni con il dato reale della differenza dei sessi. Tra questi, Silvia Vegetti Finzi, docente di Psicologia Dinamica presso l’Università di Pavia, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e dell’Osservatorio Permanente sull’infanzia e l’adolescenza, evidenzia che “La psicoanalisi non è una morale e non formula né comandamenti né anatemi ma, in quanto assume una logica non individuale ma relazionale, mi sembra particolarmente idonea a dar voce a chi, non essendo ancora nato, potrà fruire soltanto dei diritti che noi vorremo concedergli”.

Inoltre, la nostra richiesta di stralcio è stata motivata dalla preoccupazione (assai fondata, visto anche la risonanza avuta sui media da casi di coppie gay, più o meno famose, che sono ricorse all'estero alla pratica della maternità surrogata) che la norma aprisse alla legittimazione, al di là delle buone intenzioni di chi sosteneva l'art. 5 della legge, della pratica della maternitàsurrogata, che personalmente non ritengo legittima in nessun caso, anche se a ricorrervi è una coppia eterosessuale. Si tratta comunque del commercio del corpo della donna e del bambino. E spesso sfruttando le condizioni di donne in stato di bisogno. Su questo si sta sviluppando una florida industria a livello internazionale: basta navigare in internet per scoprire siti sconcertanti che offrono bambini a single, persone anziane, coppie etero e gay... È singolare che questo tema abbia così poca risonanza nei media nazionali quando negli altri paesi si è aperto invece un dibattito trasversale, che vede dividersi la stessa sinistra ed anche il mondo femminista (v. articolo a questo link: http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2016/1/17/UNIONI-CIVILI-L-utero-in-affitto-la-donna-e-lo-scontro-delle-due-sinistre-/670644/).

Il 2 febbraio scorso si è tenuta infatti presso il Parlamento francese l’Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata (vedi l'articolo http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/parigi-firmata-mozione-divieto-utero-in-affitto.aspx), che ha portato alla sottoscrizione di una Carta Universale condivisa da politici e associazioni. Esponenti del femminismo, ricercatrici, giuriste, medici, attivisti per i diritti umani, di ogni riferimento politico o religioso, si sono ritrovati uniti per combattere questa pratica. L’incontro di Parigi è stato inoltre un passo in avanti fondamentale della campagna internazionale stop surrogacy now, lanciata negli Stati Uniti nel 2015 con una petizione, che anch'io ho sottoscritto nel dicembre scorso. Nel dicembre scorso la pratica era stata già condannata dal Parlamento europeo all’interno del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo (clicca qui:  http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/europa-prova-fermare-utero-affitto.aspx). E da ultimo il 15 marzo scorso è arrivato anche il "no" del Consiglio d'Europa (vedi l'articolo de L'Avvenire http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/utero-affitto-consiglio-europa-respinge-regolamentazione.aspx).

Senza avere l'ambizione di essere stata esaustiva su un tema così complesso e delicato, resto convinta che, sulla base del reciproco rispetto dei propri valori e posizioni di partenza, tanto più dentro a un grande partito, su temi come questo serve aprire un dibattito e confronto autentico e democratico allargato ai cittadini, senza scomuniche reciproche. Purtroppo in questi mesi ho assistito con rammarico a discussioni portate avanti in modo inadeguato o ideologico, anche dai media nazionali, palesemente squilibrati a favore di una posizione, preoccupati più ad innescare polemiche o a tifare per un asserito progresso contro l'oscurantismo che ad approfondire questioni tanto delicate. Quando è in gioco la nostra umanitànessuno ha la veritàassoluta in tasca e solo questa consapevolezza ci consente di trovare soluzioni e sintesi condivise più avanzate.

Come scrive nel libro “Nell’intimo delle madri” la psicologa clinica e psicoanalista francese Sophie Marinopoulus:” I problemi che riguardano i progressi scientifici nel campo della procreazione non possono essere risolti dalla sola medicina. Sono troppo gravi per essere considerati semplici problemi tecnici. Come cittadini, dovremmo “scendere in campo” e alimentare la riflessione con le nostre domande, che avrebbero la funzione di frenare l’entusiasmo e di introdurre una pausa in un dibattito che merita molto di più delle sparute apparizioni pubbliche dei militanti del desiderio… Il diritto a un figlio, che induce l’adulto a ignorare la realtà vivendosi in un mondo senza limiti, è il terreno dei “militanti del desiderio”. In ultima analisi, senza rendersene conto, finiscono per dire: “il mio desiderio deve essere ascoltato, e diventare addirittura una legge… Una legge che ha origine dal desiderio non è più una legge, non ha più la sua funzione di terzo simbolico e abbandona il mondo del significante”.

 

VEDI ANCHE:

L'ARTICOLO PUBBLICATO DALLA RIVISTA "FAMIGLIA CRISTIANA" »

LA LETTERA AL DIRETTORE DI "AVVENIRE" DI EUGENIO MAZZARELLA, DOCENTE DI FILOSOFIA TEORETICA ALL'UNIVERSITÀ DI NAPOLI, CHE SPIEGA IN MODO CHIARO ED EFFICACE I NODI CRITICI IN GIOCO »


pubblicata il 18 marzo 2016

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