Pagina 5, Regione
VENEZIA L’ultima fotografia dell’evasione fiscale, scattata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, immortala un’Italia prevedibilmente divisa in due: il fenomeno nel ricco Nord è più vistoso in termini assoluti, mentre al Sud è più consistente in termini relativi cioè in proporzione al reddito. Ma il tax gap , cioè la differenza tra gettito teorico e riscossione effettiva, cresce a Nord Est (+7,8%) più che a Nord Ovest (-11,8%) o nel Mezzogiorno (-7%). E a trainare l’allargamento del divario fra imposte dovute e pagate è proprio il Veneto, che tra Irpef e Irap registra un’attitudine al nero pari al 35,46% (contro il 22,56% della Lombardia). A dirlo è il rapporto allegato alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, approvato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri. Considerando la media rilevata fra 2007 e 2013, ultimo lasso disponibile nel calcolo di Iva, Irpef, Ires e Irap, la propensione all’evasione dei veneti oscilla tra 0,27 e 0,32: questo significa che, per ogni euro regolarmente versato, fra 27 e 32 centesimi sono invece sottratti all’erario. Un orientamento simile al Veneto è riscontrato anche in Friuli Venezia Giulia. Non a caso le due regioni contermini viaggiano pressoché appaiate pure rispetto all’Imu, evidenziando nel 2013 la peggiore prestazione del Settentrione, intorno al 27% (la Liguria, per dire, non arriva al 20%), con picchi ancora più alti nelle province di Venezia e Padova. Stando al dossier, le categorie maggiormente propense all’evasione di Irpef e Irap sono quelle del commercio (42,10%) e dei lavoratori autonomi (39,27%), seguite dall’industria (38,19%). «Di certo gli unici a non evadere sono i politici», è il commento sarcastico di Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto, molto critico nei riguardi del documento ministeriale. «Siamo di fronte al solito calderone qualunquista, in cui vengono mescolati piccoli e grandi evasori solo per gettare fumo negli occhi di chi legge questi numeri, che peraltro nessuno può verificare», azzarda il leader del terziario. «Premesso che una mela marcia può stare in qualsiasi cesto - dice Luigi Curto, numero uno della Confartigianato regionale - penso che sia molto più semplice lanciare accuse generiche, piuttosto che analizzare nello specifico i problemi delle aziende. In un momento economicamente difficile come questo, soprattutto le piccole imprese possono dover fronteggiare la brutale necessità di rinviare il pagamento delle tasse. Indubbiamente questo non è un comportamento da difendere, ma neanche da ignorare». Pure la politica legge nel trend veneto qualcosa di diverso da una mera disposizione all’illegalità. «Mi sembra particolarmente eloquente il dato riguardante l’Imu - riflette il leghista Paolo Tosato, membro della commissione Finanze del Senato - in una regione come la nostra che vanta il tragico primato degli imprenditori suicidi. Dietro la decisione di commettere un’evasione che sarà sicuramente scoperta, almeno qui al Nord dove gli immobili sono accatastati, vedo la dolorosa scelta di versare stipendi e contributi, piuttosto che l’imposta su un capannone magari mezzo vuoto per la crisi». Aggiunge la dem Simonetta Rubinato, componente della commissione Bilancio alla Camera: «La tax compliance (adesione spontanea agli obblighi fiscali, ndr .) è tanto più elevata, quanto più è alta la percezione dell’equità fiscale. In un Veneto ultimo in Italia nella ripartizione della spesa pubblica regionalizzata, è più facile che monti la voglia di non pagare le tasse, rispetto ad un Trentino Alto Adige in cui alle imposte corrispondono puntuali servizi». Con l’imminente voluntary disclosure , cioè la collaborazione al rientro dei capitali, il Fisco potrebbe sottoporre a tassazione 1 miliardo di euro finora nascosti all’estero da circa 600 veneti. «Non abbiamo ancora deciso se prorogare la scadenza dal 30 settembre al 31 dicembre - dice il dem Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia - ma di certo sarà l’ultimo appello per regolarizzare la propria posizione». Angela Pederiva