La campagna elettorale si è svolta in una condizione di grave crisi economica, di legami sociali a rischio, di sfiducia dei cittadini per la sistemica corruzione pubblica e privata, per l'illegalità diffusa e le accresciute diseguaglianze, per l'impunità dei forti e la costrizione dei deboli. E forse non si è fatto comprendere agli elettori che siamo ad uno snodo cruciale, ad uno di quei tornanti della storia in cui si deciderà tra la continuazione del declino dovuto allo 'sgoverno' del Paese da parte del Centrodestra e l’inizio della riscossa civica e morale dell’Italia. Nel 2010 l'economista Jacques Attali, considerato il nostro enorme debito pubblico e l’invecchiamento della nostra popolazione, ha scritto: “Nel 2016 la Repubblica italiana avrà settant’anni, l’età della maturità e della saggezza per ogni regime politico in Europa, ma se non ci si muove in tempo, l’Italia si ritroverà sprofondata irrimediabilmente in una crisi di identità e verrà cancellata dalla scena mondiale…”. Rende bene il senso che non abbiamo più tempo da perdere, dopo l'ultimo decennio già sperperato, per ridare fiducia e prospettive sia alle persone migliori che a quelle più fragili della nostra società. Per questo è importante che lunedì dalle urne esca l’indicazione di un governo stabile ed affidabile per intraprendere l’impegnativo percorso che abbiamo davanti a noi per arrivare all’obiettivo di garantire diritti e prosperità alle presenti e alle future generazioni.
Il Partito Democratico - un partito grande perchè plurale come la società, perchè ispirato ai valori della Costituzione e radicato nei territori, nelle comunità locali, popolare - è l’unico oggi che può garantire all’Italia stabilità e governabilità, anche per essere protagonista del rilancio del progetto europeo. Il Partito Democratico è molto di più di un movimento, di un comitato o di una lista elettorale: è una comunità di persone che crede nella buona politica, che ha discusso e lavorato in questi anni nei circoli, gruppi, forum, assemblee per preparare un programma di governo serio e credibile Nel novembre del 2011 appoggiando dalla minoranza il Governo Monti abbiamo dimostrato che per noi il bene dell’Italia viene prima di quello del partito. Nel novembre e poi nel dicembre 2012 abbiamo dimostrato di voler investire nella partecipazione dei cittadini facendo le primarie per il candidato premier e per i candidati parlamentari. Nel fare le liste il Partito Democratico ha dimostrato di applicare il codice etico escludendo candidati oggetto di condanne penali e praticato la parità di genere, portando in Parlamento il 40% di deputate e senatrici. E coniugato le competenze derivanti dall’esperienza con la necessità ormai ineludibile di attuare il cambiamento a tutti i livelli. Insomma il Partito Democratico ha dimostrato di essere un partito che fa quello che dice e dunque credibilità ed affidabilità. E quello che dice non è frutto di spin doctor, guru della comunicazione, leader- padroni, ma del lavoro e della partecipazione di molti uomini e donne che credono che sia possibile il risorgimento di un grande Paese come l'Italia.
In un suo intervento del 2007, in cui si chiedeva come far ripartire la crescita, l'allora Ministro Tommaso Padoa Schioppa ricordava che sono passate due generazioni da quando il nostro Paese usciva — sconfitto, distrutto e screditato agli occhi del mondo — dalla guerra e dalla dittatura. Soffrivamo di una povertà che oggi osserviamo solo in Africa o in Asia: denutrizione, analfabetismo, diffusione di malattie mortali, case senza elettricità né acqua corrente, mancanza di lavoro e di elementare tutela nello stesso. Per decine di migliaia di veneti, toscani, abruzzesi, lucani la sola speranza era emigrare in Belgio, Francia, Germania, Svizzera o verso continenti lontani.
Nello spazio di due sole generazioni, gli italiani hanno realizzato — per merito loro e di chi li ha governati — una delle più profonde trasformazioni della loro storia: nel tenore di vita, nelle abitudini, nei rapporti personali e familiari, nella vita sociale, nelle istituzioni.
Poi la crescita si è fermata, la società ha perso la voglia di costruire cose nuove, di guardare lontano, di avere ambizione. Poche le nascite, poche le persone che partecipano alle forze di lavoro; pochi investimenti, poca ricerca in sempre meno numerose grandi imprese, poche invenzioni, pochi brevetti italiani, soprattutto, poca fiducia, poca voglia di eccellere, paura di cambiare, rifiuto del rischio.
In troppi si sono aggrappati alla rendita.
E' possibile che l'Italia esca da questa condizione: nelle imprese, nelle scuole, nella pubblica amministrazione, nei laboratori di ricerca e nei tribunali, nell’università vi è un’Italia della produzione, del rischio, dell’eccellenza, che non si rassegna. E' questo altro Paese che deve finalmente prendere il sopravvento o l’Italia ridiventerà un Paese povero, povero al modo europeo del ventunesimo secolo: non più la pellagra e la malaria, non più famiglie di otto persone che dormono in una sola stanza e hanno il bagno in cortile, ma nuove forme di analfabetismo e di desolazione, degrado dell’ambiente, trascuratezza del costume, povertà di beni collettivi, di trasporti che funzionano, di servizi pubblici elementari, di sostegni per chi perde il lavoro, di difesa del suolo e del paesaggio, incapacità perfino di liberarsi dei rifiuti. Soprattutto, povertà di prospettive, di fiducia, di stima di sé.
E' invece possibile che si rafforzi e prevalga all’interno del Paese la spinta di chi vuole perseguire l’eccellenza, superare i migliori, fare dell’Italia un Paese attraente per scienziati, imprenditori, ricercatori di talento, artisti. Nel tessuto sociale vi è questa aspirazione, la si avverte ogni giorno. L’ambizione, il desiderio di una meta alta, la disponibilità al sacrificio sono presenti. Dipende da chi governa e insieme dalla classe dirigente animare e valorizzare queste forze, offrire un sostituto all’incentivo esterno che ci ha spinti per anni (le regole di Bruxelles, la paura di star fuori dall’euro, e via dicendo).
Chi governa deve essere oggi guidato da una ambizione sul futuro del Paese anche superiore a quella che gli stessi italiani sembrano in genere manifestare; deve allungare lo sguardo oltre l’orizzonte del limitato quotidiano dibattito e fare in modo che l’ambizione di un Paese migliore, il desiderio di eccellere come nazione, la fiducia nelle proprie forze, lo sguardo lungo divenga desiderio e comportamento diffusi nella società.
Questo è lo spirito che ci anima, la ragione per cui abbiamo messo al primo posto del nostro programma la dignità delle persone, la moralità e la legalità, il lavoro e lo spirito d'intrapresa, la scuola e l'università, l'ambiente e il paesaggio, le future generazioni... (leggi il programma completo).
Per questo mi impegnerò in Parlamento e ti chiedo di votare e di far votare il Partito Democratico, perchè lunedì prossimo vinca l'Italia, l'Italia giusta.