L'Europa deve sostenere la crescita e la creazione di posti di lavoro
07 febbraio 2013
Mercoledì 6 febbraio, nell’aula del Mappamondo, si è svolta l’audizione del Ministro Moavero (clicca qui) in vista della seduta del Consiglio Europeo di giovedì della scorsa settimana, con all’ordine del giorno il bilancio dell’Unione Europea 2014-2020. In un momento in cui serve più Europa per sostenere gli investimenti, la crescita e l’occupazione un folto gruppo di Paesi, in primis Regno Unito e Germania, hanno chiesto di ridurre di oltre 100 miliardi le risorse a disposizione: ma un bilancio per 6 anni per 28 Paesi di poco più di 930 miliardi di euro significherebbe l’irrilevanza delle politiche europee per uscire dalla crisi. L’Italia, pur essendo terzo contribuente netto, dopo Germania e Francia, avendo versato nel 2011 oltre 6 miliardi di euro in più di quanto ha ricevuto (anche a causa della nostra cattiva capacità di spesa dei fondi europei) si è presentata al tavolo del Consiglio Europeo con alcuni punti fermi: 1) il bilancio dell’Ue non va ridotto perché deve essere adeguato a sostenere la crescita e la creazione di posti di lavoro; 2) va ridotto il nostro saldo negativo tra dare ed avere e va riformato il sistema di correzioni e sconti a favore di alcuni paesi, come Germania e Regno Unito, sulla base di criteri di solidarietà, efficienza ed equità, visto che il nostro indice di prosperità relativa, che era 105 nel 2005, è già sceso nel 2009-2011 a 101 e scenderà ancora verso 94.
Purtroppo l’esito del vertice Ue sul bilancio non è stato positivo e oggi, giovedì 14 febbraio, il ministro per gli Affari Ue, Enzo Moavero, riferendo alle commissioni Esteri, Bilancio e Affari Ue di Camera e Senato, ha affermato che “Non si può non nascondere la delusione: come europeisti siamo delusi e non è certamente contento il governo che aveva sostenuto la proposta della commissione per un incremento del bilancio”.
Nonostante la posizione italiana sia migliorata sia in termini di aumento dei fondi (+3,5 miliardi) sia di saldo negativo (si riduce di circa 600 milioni l'anno il delta tra quanto versa e quanto spende), l’esito dell’intesa intergovernativa dimostra che l'Europa è ancora lontana dall'essere un contesto federale.
“La situazione negoziale ci ha portati a dare il nostro accordo al pacchetto finale, nonostante si puntasse ad un risultato più ambizioso, anche per evitare - ha spiegato Moavero - i rischi di una mancata intesa. Nell'assumere la nostra posizione abbiamo tenuto presente anche un altro fattore: senza accordo sul bilancio si sarebbe entrati nella procedura provvisoria che prevede un tetto massimo di bilancio parametrato a quello 2013. Avremmo avuto cioè come massimo il livello di bilancio precedente, ma con un meccanismo decisionale a maggioranza. Un contesto con cui bisognava fare i conti: anche sommando Francia, Spagna, Belgio e Italia non si sarebbe arrivati ad una maggioranza di blocco, mentre sommando gli altri si arrivava ad una minoranza di blocco: la nostra posizione sarebbe risultata minoritaria e si sarebbe persa capacità contrattuale”.
Moavero ha poi sottolineato il “grande lavoro svolto dalla ragioneria Generale, i ministeri dell'Agricoltura, dell'Economia, dello Sviluppo Economico che ci ha permesso di andare a Bruxelles ben preparati e di formulare richieste precise nel negoziato: i 3,5 mld in più arrivati sono figli di questo. Forse si poteva fare di più ma noi siamo stati in grado di fare questo”.
Il compromesso raggiunto da Capi di Stato e di governo sulle prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020 è negativo per tutta l'Europa, perché non aiuta ad uscire dalla crisi e ricominciare a crescere. Ora non ci resta che sperare e sostenere il Parlamento europeo nei prossimi negoziati affinché ne ottenga una revisione Questo è infatti un accordo al ribasso, che riduce il bilancio comunitario di ben 34 miliardi di euro rispetto agli anni precedenti, che non pone le condizioni per orientare veramente le spese europee e nazionali verso gli obiettivi comuni di Europa 2020: produttività, competitività, innovazione, ricerca. Non è cosi che porteremo l'Europa fuori dalla crisi, che ridaremo a imprenditori, cittadini, mercati la speranza di una ripresa economica. Abbiamo tutti bisogno di più Europa, ma l'Europa ha bisogno di essere guidata da un’autorità legittimata democraticamente che decida per il bene di tutti gli europei.
Si tratta di questioni decisive per il futuro del nostro Paese, eppure in questa campagna elettorale non si parla di Europa. E non si ricorda agli italiani che una condizione indispensabile per uscire dalla crisi è conservare la credibilità riconquistata dall’Italia ai tavoli europei facendola valere con competenza e serietà.
pubblicata il 07 febbraio 2013