Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, durante la sua informativa in Aula mercoledì 1 agosto (clicca qui), ha aggiornato il Parlamento sui recenti sviluppi della situazione dell'Ilva di Taranto, il più grande stabilimento siderurgico d'Europa, che rischia la chiusura trovandosi al centro di un'inchiesta giudiziaria per disastro ambientale. Da solo il complesso industriale costituisce il 75 per cento del giro di affari della provincia di Taranto e dà lavoro, direttamente e indirettamente, a circa 20 mila persone, e producendo 10 milioni di tonnellate l'anno solo di acciaio fornisce praticamente tutta l'industria meccanica italiana, comprese tantissime aziende artigiane ed industriali del Nordest. Secondo il Ministro si tratta di un polo produttivo "ancora in grado di competere nel mercato europeo e internazionale nonostante la forte competitività della Cina e di produttori francesi e tedeschi", ma con evidenti impatti ambientali e probabili impatti sulla salute che vanno messi in relazione alle normative del tempo e alle autorizzazioni nel tempo ricevute, come è accaduto per tutti gli impianti del genere in Europa. Clini ha ribadito la volontà del Governo di "risanare in fretta la situazione ambientale anche perché la competitività non aspetta i tempi delle amministrazioni italiane e - ha affermato - credo che Ilva debba essere messa in condizione di competere alle stesse condizioni di francesi e tedeschi" (clicca qui). Per questo l'obiettivo è quello di "superare i contenziosi tra Ilva e amministrazioni pubbliche attraverso un approccio collaborativo che possa portare a una condivisione del percorso anche attraverso un accordo di programma per il risanamento della zona senza affossare la competitività dell'impresa".
La vicenda processuale avrà il suo corso giudiziario, in piena autonomia, com'è giusto che sia, mentre alle istituzioni insieme alla proprietà dell'azienda spetta l'adozione di interventi urgenti adeguati a coniugare le esigenze produttive ed il diritto al lavoro con gli interessi della salute delle persone e dell'ambiente, come ha affermato lo stesso Presidente Napolitano: "Dev'essere possibile giungere a soluzioni che garantiscano la continuità e lo sviluppo dell'attività in un settore di strategica importanza nazionale e insieme procedere senza ulteriore indugio agli interventi spettanti all'impresa e alle iniziative del governo nazionale e degli enti locali che risultino indispensabili per un pieno adeguamento alle direttive europee e alle norme pe rla protezione dell'ambiente e la tutela della salute dei cittadini". A questo scopo il Pd - come ha ricordato il collega Ludovico Vico della Commissione Attività produttive (clicca qui)- ritiene necessario in particolare il varo di un piano strategico di risanamento basato principalmente su attività di bonifica, controlli e monitoraggio dell'area e ha sollecitato il governo ad intervenire a livello europeo per l'adozione di un piano d'azione finalizzato a restituire prospettive di competitività al settore siderurgico, pur nella riduzione dei costi energetici e delle emissioni nocive.
Sulla vicenda si è aperta una discussione, anche sulla stampa, che ha visto Roger Abravanel sul Corriere della Sera dl 31 luglio scorso sostenere che ciò che serve è una politica ambientale e non industriale (clicca qui): secondo Abravanel si continua, anche da parte di questo Governo, ad affrontare la questione dando la prevalenza alla continuità della produzione industriale per salvare i posti di lavoro e sedare le tensioni sociali, mentre continua a mancare una strategia che invece di proteggere i posti di lavoro del passato, incentivi la creazione dei posti del lavoro del futuro, così come continuano a mancare le nuove regole per risolvere i drammatici problemi di inquinamento industriale che da 50 anni creano gravissimi danni alla salute di migliaia di italiani. Gli ha replicato con una lettera pubblicata dal Corriere del 1° agosto il Ministro Clini (clicca qui), ricordando i 336 milioni appena stanziati dal Governo per la bonifica e riqualificazione di aree esterne agli impianti e il miliardo di euro investiti dall'azienda per interventi ambientali. Clini sostiene che si può saldare l'asse dell'ambiente con quello dello sviluppo, in quanto la riqualificazione ambientale di Ilva può dare vita a tecnologie pulite e competitive, a vantaggio dell'impresa e dell'ambiente, mentre se Ilva chiude, oltre il disastro economico e sociale, resterà il deserto di un ambiente contaminato.
Una cosa è certa: il nostro Paese - già drammaticamente dipendente dall'estero per l'approvvigionamento di energia e materie prime - non può permettersi di perdere un comparto strategico come quello siderurgico. L'azione di tutti, magistratura compresa, deve essere orientata a una leale collaborazione istituzionale per salvaguardare tutti gli interessi costituzionali in gioco, tanto più in un momento di recessione come questo, in cui la domanda interna segna il passo e la disoccupazione è a due cifre. Vanno fatti inoltre tutti gli investimenti necessari per la tutela della salute e dell'ambiente, perché si tratta di spesa buona, che gioverà anche e soprattutto alle future generazioni. Su questo occorre avere il consenso dell'Europa, oltre che utilizzare tutti i finanziamenti europei di cui la Puglia può disporre.