La Corte dei Conti ha presentato stamane il “Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica”. Il presidente Mazzillo ha indicato il pericolo di un avvitamento dell’economia per il circolo vizioso ‘recessione-maggiore imposizione fiscale-elevato tasso di evasione’:
"Il pericolo di un avvitamento deve essere attentamente monitorato, disinnescando il circolo vizioso in cui si potrebbe rimanere intrappolati. Occorre incidere sui fattori che bloccano la crescita, per recuperare, ma solo grazie a maggiori incrementi del Pil, il gettito mancante.
L’originale intonazione redistributiva, recepita nel disegno di legge delega per la riforma fiscale ed assistenziale del luglio 2011, ha potuto trovare solo una parziale attuazione nel Dl n. 201/2011 di fine anno, nella misura in cui l’aumento impositivo che ha investito consumi e patrimoni si è tradotto in una riduzione molto limitata del prelievo sui redditi da lavoro e d’impresa.
Il 2011 ci ha così consegnato la realtà di un sistema impositivo ancora distante dal modello europeo: segnato dalla coesistenza di un’elevata pressione fiscale e di un elevatissimo tasso di evasione. Si è riusciti a ridurre (imposizione sui consumi), e, sotto altro profilo, ad invertire (imposizione sul patrimonio), il differenziale negativo evidenziato dal nostro paese, senza poter tuttavia, intaccare, in misura decisiva, il differenziale in eccesso nella pressione fiscale complessiva, in generale, e nella tassazione dei redditi da lavoro e di impresa, in particolare.
Completare il percorso di adeguamento al benchmark europeo è essenziale per aprire prospettive di crescita, ma non appare né facile né semplice. Tanto per le dimensioni dello sforzo da richiedere alla finanza pubblica – 50 miliardi secondo i calcoli della Corte - quanto per i limitati spazi di copertura disponibili, nella considerazione che il settore impositivo naturalmente deputato (il prelievo sui consumi) risulta già prenotato da un aumento a tempo delle aliquote IVA. Anch’esso, peraltro, potenzialmente gravido di controindicazioni sul piano economico e sociale.
Sostanzialmente esauriti i margini finora offerti dalle entrate volontarie, a cominciare da quelle per giochi, e dall’efficientamento dell’attività di riscossione, si rafforzano, pertanto, le ragioni per puntare sulla soluzione dell’ampliamento della base imponibile, assegnando alla lotta all’evasione ed all’elusione ed al ridimensionamento dell’erosione il compito di assicurare margini consistenti per riequilibrare il sistema di prelievo almeno in parte conciliando rigore, equità e crescita.
Resta naturalmente fermo che l’opzione di fondo da perseguire non può che essere quella di una consistente riduzione della spesa corrente – sia primaria che per interessi sul debito. Riduzione della spesa primaria da ottenersi attraverso la reingegnerizzazione dei processi amministrativi, il ridisegno organizzativo delle PP.AA. e la redelimitazione dei confini del pubblico, ma anche innovando nelle modalità di erogazione dei servizi amministrativi, prevedendone - quando economicamente giustificato e tecnicamente fattibile - una gestione autonoma ed autofinanziata.
Parallelamente, ed analogamente a quanto è già stato fatto per le imposte, andrebbe anticipata l’attuazione del federalismo fiscale anche per quanto riguarda l’adozione dei costi standard.
Le nostre simulazioni sulle implicazioni delle nuove regole europee in materia di riduzione del rapporto debito/PIL e di pareggio di bilancio dimostrano che si può disegnare un percorso ad un tempo di rigore e di ripresa della crescita: se nel 2015 si conseguirà, come previsto dal DEF, un rapporto debito/PIL di 114,4, a partire dal 2016 basterebbe una crescita nominale dello stesso PIL di appena il 2 per cento perché il mantenimento del pareggio di bilancio possa di per se assicurare il conseguimento dell’obiettivo di riduzione del debito secondo il ritmo prescritto dalle nuove regole.
A patto, tuttavia, di generare e mantenere per un ventennio, dal 2016 al 2036, un saldo primario in lenta diminuzione dal 5,5 a poco più del 3 per cento, nel caso di un’ipotesi di crescita prudenziale, ma comunque non minimale. L’obiettivo è arduo, benché non impossibile da raggiungere, se si tiene conto che anche nell’ipotesi più ottimistica fatta propria dalla Corte per questo esercizio il tasso di crescita supererebbe di poco l’1 per cento medio annuo in termini reali. Tutto diventerebbe più facile con il concretizzarsi di una crescita più elevata. Alla quale vanno, quindi, prioritariamente finalizzati – a tutti i livelli – sforzi, energie, risorse.
E’ un percorso che può essere facilitato riprendendo, con convinzione e continuità, il processo volto a realizzare un abbattimento significativo del debito, attraverso la dismissione di quote importanti del patrimonio oggi in mano pubblica. Con soluzioni operative che – anche per evitare il rischio di svendite – partano dall’identificare dimensioni, condizioni e responsabilità organizzative e gestionali."
Ho già avuto modo di rilevare che in una situazione come questa rischia di saltare il rapporto di fiducia del cittadino nei confronti dello Stato, né possiamo pensare che la lotta all’evasione fiscale possa essere perseguita senza un nuovo atteggiamento di collaborazione (‘tax compliance’) da parte del contribuente, ma solo con controlli sempre più stringenti e a volte vessatori, a cui rischiano di sfuggire proprio i grandi evasori. E’ necessario e urgente rifondare il rapporto fisco-contribuente, come ho proposto in un disegno di legge costituzionale che inserisce i principi dello Statuto del contribuente nella carta costituzionale. Si tratta dell’
A.C. n. 5186 (clicca qui).
Quanto all’invito della Corte dei Conti a realizzare un abbattimento significativo del debito, attraverso la dismissione di quote del patrimonio pubblico, con il collega Benamati già lo scorso aprile abbiamo presentato al Governo
un’interpellanza proprio su questo argomento (clicca qui).