Cari amici e care amiche,
questo fine settimana io andrò a votare e voterò quattro sì, non per motivi ideologici, ma per ragioni che attengono al
buon governo di beni comuni quali la
salute e
sicurezza dei cittadini, l'
acqua e la
legalità.
Come ho spiegato nell'intervento ospitato da La Tribuna di Treviso il 10 giugno scorso, quanto al
primo quesito sull'acqua, chi sostiene il «sì» all'abrogazione dell'art. 23-bis del decreto legge n. 112/2008, dicendo che esso privatizza l'acqua, dice una bugia, ma anche chi sostiene il «no», affermando che la norma si limita ad attuare la normativa europea, sta mentendo. Il fatto è che l'art. 23-bis, diversamente da quanto previsto in ambito comunitario, impone ai nostri amministratori locali una privatizzazione forzosa della gestione del servizio idrico integrato, partendo dall'assunto ideologico che un'azienda privata garantisca una gestione migliore di un'azienda pubblica. Infatti dispone la cessazione delle gestioni in house in corso se gli enti locali non mettono in tempi brevi sul mercato almeno il 40% del capitale delle proprie aziende, oggi interamente pubblico, favorendo così una vera e propria svendita a favore dei privati; stabilisce l'obbligo generale delle gare (in cui oggi risulterebbero avvantaggiate le grandi multinazionali) e limita le gestioni in house solo ai casi in cui non risulterebbe conveniente il ricorso al mercato (è il caso ad es. del paesino sul cocuzzolo della montagna!).
La normativa oggetto del
secondo quesito, con l'attuale metodo normalizzato, cristallizza nella tariffa un surplus per la remunerazione del capitale investito, con un rendimento prefissato al 7%, scevro da ogni confronto col mercato finanziario di tutti i giorni. Tutto ciò senza che ancora sia operativa nel nostro Paese una forte Autorità di regolazione e controllo di questo settore a tutela degli interessi della collettività.
Con
il «sì» al primo quesito si restituisce ad enti locali e Regioni - in conformità alla normativa europea - l'autonomia e la responsabilità di decidere quale strumento (azienda pubblica, azienda privata o azienda mista) garantisca per il proprio territorio la migliore gestione industriale, secondo criteri di economicità, efficacia ed efficienza, assicurando ai cittadini la qualità del servizio al minor costo.
Con
il «sì» al secondo quesito si costringe il legislatore a stabilire un'equa remunerazione al capitale investito sull'infrastruttura, per non riversare in modo automatico pesanti oneri sulla bolletta a favore di imprese private naturalmente volte alla massimizzazione del profitto e non alla massimizzazione dell'utilità collettiva. Il Parlamento potrà così approvare una nuova normativa, in conformità alle direttive europee.
Il Pd ha già presentato una proposta di legge, che si apre all'art. 1 con il riconoscimento che «l'acqua è un bene comune dell'umanità».
L'acqua infatti non è solo un diritto, ma anche un dovere, che richiede l'impegno di ciascuno di noi nel conservarla per le future generazioni e per consentirne l'accessibilità ai 3 miliardi di persone che l'Onu prevede ne resteranno prive entro la metà del secolo.
Ancora
su La Tribuna ho risposto ad alcune domande per spiegare il mio sì sul quesito del l
egittimo impedimento.
Mentre
il Gazzettino ha raccolto in un'intervista la mia posizione sui quattro quesiti più in generale.
Spero che possano essere spunti utili per la vostra riflessione e decisione. Buon voto a tutti.