Risultati elettorali: il vento sta cambiando, ora occorre offrire una sponda agli elettori delusi del centro destra

21 maggio 2011

Il voto amministrativo di domenica e lunedì scorsi offre alcuni interessanti spunti di riflessione e fornisce utili indicazioni per il futuro. Innanzitutto a livello nazionale è apparso evidente il momento di crisi in cui versano le forze politiche di governo. Il caso di Milano è emblematico, perché al di là dell’imprevista, almeno nelle dimensioni, affermazione del candidato di centro sinistra Pisapia, chi esce davvero sconfitto – insieme al sindaco uscente Moratti - è il presidente del Consiglio, che aveva voluto trasformare il voto comunale in un referendum sulla sua persona. La conduzione della campagna elettorale con toni violenti ed estremistici, sul filo dell’attacco personale,  si è rivelata un boomerang per il centrodestra: tanto che lo stesso Berlusconi ha visto quasi dimezzare le sue preferenze e il crollo del Pdl (7 punti in meno rispetto alle regionali 2010) ha trascinato anche la Lega, fermatasi al 10%, ovvero 5 punti in meno del marzo 2010. Il risultato di Milano assume una forte connotazione politica nazionale, che ha già avuto i suoi primi effetti questa settimana in Aula, nei rapporti tra le forze politiche che sostengono il governo Berlusconi, aprendo un conflitto che rischia di esplodere se la sconfitta sarà confermata nel ballottaggio del 29 maggio prossimo. Che la tensione sia alta è confermato, oltre che dai recenti indebiti ed invasivi interventi del premier sui media, anche dai toni incendiari di Bossi di questi ultimi giorni all’insegna del “Salviamo Milano”.  Del resto, un’acuta analisi dei voti in termini assoluti di Roberto D’Alimonte, sul Sole 24 Ore del 19 maggio scorso, dimostra che la Lega al Nord perde più di Berlusconi.

Senza cadere in facili trionfalismi, si può dire che il Partito Democratico ha cominciato a raccogliere i frutti del lavoro svolto, anche se, come ha scritto Luca Ricolfi su La Stampa di mercoledì 18 maggio, ‘in queste elezioni non ha vinto né la destra né la sinistra, né i moderati né gli estremisti. Quel che è successo è, semplicemente, che i cittadini certe cose non le digeriscono più’. Sono stanchi di eccessi, sprechi e malgoverno e cercano un’alternativa. Che a seconda dei casi hanno trovato in Pisapia, in De Magistris o nei grillini. E questo ci dice che se non si insegue solo l’antiberlusconismo, i cittadini sono disposti a dare ascolto a candidati affidabili con programmi credibili.

Va tenuto conto, inoltre, come evidenziato da Filippo Andreatta nel Corriere della Sera  del 18 maggio scorso, che i veri vincitori del voto amministrativo sono quei partiti che sono riusciti  a mantenere stabile il proprio consenso. Se si guarda ai voti in termini assoluti, si evince che a livello nazionale, ma anche in sede locale, non c’è stato alcun significativo travaso di voti tra i due poli: gli elettori che non hanno votato per Pdl o Lega se ne sono stati a casa o si sono astenuti, soltanto in piccolissima percentuale hanno votato per il Pd o altre forze antagoniste. Mentre per vincere le elezioni politiche è necessario estendere la base del proprio consenso. E qui si apre la sfida anche e soprattutto per il Pd: aver mantenuto il consenso, e in qualche caso averlo anche se di poco aumentato, è certamente un dato positivo, ma non basta. Occorre allargarlo, attraverso una proposta politica rinnovata e credibile, che sia in grado di parlare alla maggioranza degli elettori, anche quelli delusi dal Centro destra, che oggi non hanno ancora trovato motivazioni sufficienti per premiare l’alternativa del centrosinistra. Per questo non si deve ripetere l’errore dello schema dei Progressisti del 1994, quando l’illusione dell’autosufficienza spalancò le porte a Berlusconi, ma cercare di conquistare il consenso senza ricorrere ai toni apocalittici di chi grida all’untore o al regime. Queste elezioni, lo spiega bene PierLuigi Battista nell’articolo sul Corriere del 18 maggio scorso, hanno dimostrato che se ‘si perde la colpa è (anche)di chi ha perso e non del destino cinico e baro o del cittadino che non capisce’.

Anche a livello regionale si registra la sfiducia di molti elettori che hanno disertato le urne. La crescita del partito dell’astensione è un dato su cui le forze politiche, e tra queste il Pd, dovrebbero maggiormente riflettere per capire come rispondere al disagio sempre più diffuso verso la politica. E’ in questa area che vanno conquistati i consensi necessari per far cambiare davvero il vento. Se andiamo a leggere i dati del voto nei 76 comuni e province del Veneto che sono andati alle urne domenica, in termini numerici il Centro Sinistra perde 6 municipi e deve affrontare un difficile ballottaggio per mantenere la guida del comune di Rovigo. Partita aperta anche a Montebelluna, con i due candidati (Marzio Favero della Lega e Lucio De Bortoli, Ulivo e Udc) che partono dal 39%. Giochi finiti invece ad Oderzo, dove il candidato del Pd rimane fuori dal ballottaggio. Certo, alcuni singoli risultati fanno ben sperare, soprattutto in provincia di Treviso, dove alle provinciali il Pd ha dimostrato di poter svolgere un ruolo importante già nel prossimo futuro. Si pensi alle significative affermazioni a Vittorio Veneto, dove è il primo partito in un Comune  guidato dal sindaco Da Re, segretario provinciale della Lega, ma anche nel Comune capoluogo, dove oggi il Pd con il 27,6 per cento supera la Lega e si prepara alle prossime comunali con la concreta possibilità di giocarsi fino in fondo la sfida. In termini percentuali, positiva anche la media del 21,5 per cento a livello provinciale, con un avanzamento di oltre 3 punti rispetto alle regionali del 2010 e di 4 punti rispetto alle precedenti elezioni provinciali del 2006. Se guardiamo, però, ai voti in termini assoluti, il Pd guadagna soltanto 900 voti rispetto al 2010 (9.600 rispetto al 2006). Il che significa che ben pochi dei quasi 69.000 elettori che hanno abbandonato il Centro Destra rispetto alle elezioni regionali hanno deciso di votare la nostra lista. E anche di quelli che ci avevano votati nelle politiche del 2008. Il che deve indurci a continuare sulla strada avviata con l’ultimo congresso provinciale, in cui è stato accolta la proposta di rinnovamento da me avanzata con il documento “Innovazione Democratica”.

A livello provinciale è innegabile la caduta di consensi registrata dalla Lega
, nonostante la vittoria al primo turno del presidente uscente. I richiami di Muraro e Gentilini all’elettorato ‘imborghesito’ e ‘pigro’ sono significativi per capire lo stato d’animo in casa del Carroccio, come pure gli esiti delle ultime vicende sulla gestione dell’emergenza profughi: lo scontro con i duri e puri ha portato il governatore Zaia alla resa, restituendo a Roma il potere di decidere per il Veneto! Del resto, i numeri sono chiari: la Lega ha perso oltre 53 mila voti rispetto alle regionali del 2010. La perdita sarebbe stata addirittura maggiore (90 mila voti) se non fosse intervenuta la lista Razza Piave che ha raccolto 37.339 voti, con un’operazione di cannibalismo elettorale. Il 29,57% rispetto al 48,5% raccolto da Zaia lo scorso anno è il sintomo chiaro della crisi. Che interessa anche il Pdl, anche se in misura minore di quanto i sondaggi facevano presagire. Il partito di Berlusconi a Treviso perde 15.296 voti rispetto allo scorso anno, quando aveva subito la vera debacle, perdendo quasi 38 mila voti rispetto al 2006, epoca in cui ancora correvano separate le liste di Forza Italia e An. Ma riesce comunque a reggere l’assalto lanciato dagli alleati del Carroccio che confidavano di far man bassa tra gli elettori Pdl. Un risultato che certamente avrà il suo peso sui futuri equilibri al Sant’Artemio.

Veniamo infine ai risultati personali. Queste elezioni amministrative hanno messo in evidenza ancor più di altre volte il voto alla persona. Come ha calcolato l’istituto Cattaneo, il 9,1% di elettori, a livello nazionale, ha votato per il candidato e non per il suo schieramento. Un fenomeno che sembra pesare più nel centrosinistra, che nel centrodestra. Il dato trova conferma anche in provincia di Treviso, dove la candidata presidente del centro sinistra, Floriana Casellato raccoglie 129.728 voti personali (32,86%) contro i 103.575 voti alla coalizione (31,20%), con un differenziale positivo di 16.153 voti. Un buon risultato di cui va dato merito a Floriana, che ha saputo mette a frutto la sua concretezza di sindaco abituato a stare in mezzo alla gente. Il nostro appello agli elettori perché assegnassero la loro preferenza ad una delle donne in lista è stato accolto: con Floriana Casellato entrano in consiglio provinciale anche le colleghe sindaco Daniela Marzullo e Bruna Battaglion, oltre alla new entry Fabrizia Franco. Una consistente presenza ‘rosa’ che rappresenta un ulteriore dato positivo di queste elezioni amministrative!

pubblicata il 21 maggio 2011

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