Mentre Monti dispiega il suo impegno in Europa, due "no" rischiano di minare ancor di più la fiducia degli italiani nella politica

15 gennaio 2012

montiLa giornata di giovedì scorso è iniziata alla Camera con l’informativa urgente del Presidente del Consiglio, che ha illustrato gli indirizzi della politica europea del Governo italiano. Ricordando la fitta agenda di impegni europei (il Consiglio europeo dell'8 e 9 dicembre a Bruxelles; la serie di incontri bilaterali e trilaterali a Parigi con il Presidente Sarkozy il 6 gennaio, l’11 a Berlino con la Cancelliera Merkel, entrambi ospiti a Roma il prossimo 20 gennaio; il 18 gennaio a Londra per incontrare il Primo Ministro David Cameron, mentre si stanno avendo altri contatti, in particolare con il Primo Ministro polacco Tusk e il Primo Ministro belga Di Rupo; il 23 e 24 gennaio a Bruxelles, quando si terranno l'Eurogruppo e l'Ecofin, e il 29 gennaio, sempre a Bruxelles, il Consiglio europeo), Monti ha affermato che “l'Italia deve giocare un ruolo attivo per contribuire a condurre l'Europa di nuovo sul cammino della stabilità e della crescita - stabilità e crescita - ed è quasi indissociabile l'azione che conduciamo all'interno del Paese con le politiche di risanamento e con le politiche di crescita rispetto all'azione che cerchiamo di svolgere in Europa per spingere quest'ultima sul cammino della stabilità e della crescita”. “Noi sappiamo – ha proseguito - che l'esito del Consiglio europeo dell'8-9 dicembre è stato soddisfacente solo in parte. Gli osservatori e, soprattutto, i mercati finanziari, hanno percepito una timidezza nelle conclusioni relative alla crescita e una certa inadeguatezza del capitolo relativo al rafforzamento dei cosiddetti firewalls, cioè delle munizioni per combattere il contagio finanziario. In quell'occasione è stato deciso dai Capi di Stato e di Governo di varare, al più presto, un accordo o trattato - ma questo non sarà, prevedibilmente, a 27, a causa della non adesione del Regno Unito, e quindi, probabilmente, sarà a 26 - sul cosiddetto fiscal compact, sulla disciplina fiscale. La Conferenza intergovernativa per questo nuovo trattato è in corso ed è in fase avanzata. Il Governo italiano vi persegue tre obiettivi fondamentali.

Il primo è quello di assicurare l'unitarietà e l'integrità del diritto dell'Unione europea e del suo quadro istituzionale, anche promuovendo una rapida futura integrazione del nuovo trattato internazionale in seno ai trattati dell'Unione. Questo è un punto in linea con la tradizione italiana di favorire il metodo comunitario e che sta molto a cuore anche al Parlamento europeo. 

Il secondo obiettivo negoziale dell'Italia, rispetto alle norme relative alla disciplina delle finanze pubbliche, è quello di evitare che si introducano vincoli più rigidi, limiti procedurali o ulteriori sanzioni rispetto a quelli già esistenti nell'ambito del Patto di stabilità e di crescita dopo le riforme approvate nel quadro del cosiddetto Six Pack, approvato dal Consiglio e dal Parlamento solo pochi mesi fa.

In terzo luogo, se l'obiettivo dichiarato di questo esercizio è anche quello di dotare l'unione economica e monetaria di un più solido pilastro economico, è necessario bilanciare le norme relative alla disciplina delle finanze pubbliche con disposizioni volte a promuovere la crescita e le politiche per la competitività, in primo luogo rafforzando l'integrazione economica all'interno del mercato unico”.


In questa fase, dunque, secondo il Presidente Monti non vanno introdotti vincoli ulteriori, oltre a quelli che già erano stati definiti dal precedente Governo, ovvero l'obbligo di rientro del rapporto tra il debito pubblico e il PIL all'obiettivo del 60 per cento, da farsi in vent'anni gradualmente, e di ridurre a zero il disavanzo pubblico per l'anno 2013, già molto impegnativi per l’Italia: “Quello che abbiamo voluto assicurare - credo di poter dire che ci stiamo riuscendo, ma il 29 e il 30 gennaio avremo maggiori certezze e per noi si tratta di un obiettivo molto importante - è che di quanto deciso un anno fa in materia di Six Pack, ci siano tutti e due gli aspetti, il profilo di rientro del debito, che venne accettato allora dal Governo italiano, ma anche (…) un quadro qualitativo di criteri di valutazione per l'applicazione concreta di quella prospettiva di rientro”. “La strategia e la tattica che dobbiamo seguire in sede internazionale”  è, dunque, “da una parte, non mettere in dubbio la volontà dell'Italia di stare al gioco europeo della disciplina finanziaria: qualunque convinzione personale si avesse in questo momento sarebbe del tutto irrealistico modificare questo orientamento, che è la stratificazione di decisioni europee prese con il pieno concorso dell'Italia nel corso degli anni. Al tempo stesso, occorre confermare nella realtà e nelle apparenze l'immagine di un Paese maturo che accetta una disciplina finanziaria necessaria e ragionevole e non cedere neanche un millimetro rispetto a quel ventaglio di indicatori più qualitativi, che sono importanti per noi per evitare di cadere prede di un formalismo eccessivo, dato il profilo decrescente davvero molto ambizioso che abbiamo accettato di darci.

Come ha ricordato Monti, “non è un viaggio a Berlino o un viaggio a Parigi o una trilaterale con Francia e Germania a Roma che cambiano la decisione europea: sono cose che vanno pazientemente costruite. È facilissimo fare passi indietro nel non avere più la fiducia nel dialogo con questi partner, ma è molto difficile e faticoso fare passi avanti”.

Il Presidente Monti ha dichiarato poi di volersi spendere soprattutto sul tema della crescita, appena concluso il percorso sul trattato sul fiscal compact:  “Io non vedo l'ora – ha dichiarato - che il 30 gennaio si possa chiudere la trattativa su questo trattato, perché è importante la conferma della disciplina di bilancio, ma l'Europa non è solo disciplina di bilancio. E’ molto importante che si passi oltre, che si investa più energia politica costruttiva sul versante della crescita (…). Non si tratta di cercare di fare crescita, che sarebbe crescita effimera, tornando a comportamenti di disavanzo, men che meno di politiche monetarie lasche, che in ogni caso ormai non sono più - come sappiamo - nell'ambito delle competenze nazionali, ma si tratta di sfruttare tutto il potenziale che un continente integrato può dare per crescere di più.

Questo per ora non è stato fatto, non è stato fatto dalle istituzioni europee e non è stato fatto dai principali Stati membri. Noi stiamo operando in questo non solo di concerto con Germania e Francia, ma anche con la Polonia e il Regno Unito, perché questi sono due grandi Paesi non membri della zona euro, ma che hanno una visione di crescita attraverso la competitività e l'integrazione dei mercati che credo sia utile per loro, per l'Italia e per l'economia europea. Ecco che, stando al tavolo della disciplina finanziaria, vogliamo contemporaneamente essere al tavolo di altri aspetti della costruzione dell'Europa, poiché tra l'altro (questo è un argomento che uso molto, per esempio, con la Cancelliera Merkel) una maggiore crescita è anche nel medio termine condizione indispensabile per la stessa sostenibilità della disciplina finanziaria.
 Dopo che sarà stato acquisito a livello costituzionale questo accordo sul fiscal compact a livello europeo e quindi una volta che il contesto europeo sarà diventato strutturalmente disciplinato dal punto di vista dei bilanci pubblici, può darsi – ha concluso Monti - che la Banca centrale europea nell'indipendenza della sua azione “si senta più rilassata”, il che lascia presagire una sua azione più efficace a sostegno della stabilità e della crescita.

Mentre il Presidente del Consiglio sta cercando di recuperare all’Italia quella credibilità e fiducia dei partners europei, dei mercati e degli investitori, che abbiamo perduto con l’azione del Governo Berlusconi- Bossi, per evitare ulteriori manovre a carico degli italiani ed insieme contribuire a spingere per scelte ed azioni più efficaci a livello di Unione Europea sul piano della crescita (significativo in questo senso il ringraziamento rivoltogli dall’on. D’Alema nel davvero pregevole ed efficace intervento svolto a nome del gruppo del Pd), nella stessa giornata di giovedì scorso, dopo la sua relazione, si è consumato un brutto momento per la nostra democrazia.

Il "no" ai referendum sulla legge elettorale e il "no" all'arresto di Cosentino (grazie all’irresponsabilità della Lega e alla guerra di potere in atto nel centrodestra per dimostrare che il potere è ancora nella mani dell’asse Bossi-Berlusconi) rischiano, infatti,  di minare ancora di più la fiducia dei cittadini nella politica e nelle istituzioni. E' urgente mettere all'ordine del giorno del Parlamento la riforma della legge elettorale e la riduzione dei costi della politica, altrimenti, nella difficile situazione economico-finanziaria attuale e con i pesanti sacrifici chiesti ai cittadini, sarà difficile salvaguardare le istituzioni democratiche dalla deriva populista.

pubblicata il 15 gennaio 2012

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