Ora le urne piacciono a (quasi) tutti convinte anche le diverse anime Pd - Corriere del Veneto

03 maggio 2016

Pagina 3, Primopiano

 
VENEZIA Pronti alla «no fly zone». Nel solco dei mille distinguo e «sì ma» del caso, le forze politiche venete guardano al referendum sull’autonomia mettendo da parte per un po’ le divisioni per guardare all’obiettivo comune: conquistare l’autonomia dal governo centrale per poter disporre di maggiori risorse e strumenti di governo. Il giorno dopo la notizia sul sì in arrivo da Roma alla richiesta di poter indire un referendum sull’autonomia del Veneto e sulla possibilità di avviare un negoziato per poter disporre di nuove e più ampie competenze, il messaggio che arriva dall’arco costituzionale del parlamentino regionale è che il referendum è un primo passo. Per la Lega verso il sogno di sempre, l’«indipendenza», almeno a sentire il segretario nazionale della Lega Nord-Liga Veneta Gianantonio Da Re. Per il Pd verso il negoziato con lo Stato «per una maggiore autonomia».

«Avevo detto che il referendum costituzionale da solo rischiava di essere insufficiente per il Veneto - spiega Davide Zoggia, deputato bersaniano del Pd -, perché il referendum costituzionale accentra 21 materie che prima erano decentrate e non si può certo dire, al di là di chi l’ha governata, che questa sia una regione dove cose come la sanità non funzionano bene. Se il referendum di Zaia sta dentro l’alveo costituzionale come pare, il Pd non dovrebbe avere una posizione chiusa, e parlare solo del referendum costituzionale, ma rivendicare i temi del referendum sull’autonomia, che sono nostri. Anzi: forse potrebbe dire a Zaia che è un po’ in ritardo sul tema del negoziato e che la richiesta di autonomia poteva partire anni prima. Ma voglio dire una cosa a Bressa (il sottosegretario agli Affari regionali che sta seguendo la partita, ndr): noi vogliamo poter parlare anche dell’autonomia di Trento e Bolzano! Quanto al Pd veneto, spero batta un colpo e non snobbi un referendum su temi nostri...».

In effetti qualche distinguo dal Pd arriva, ma le varie anime marciano più compatte: del resto al referendum sono arrivati i sì della Corte costituzionale e del Governo... «La nostra posizione è sempre la stessa - precisa Alessandra Moretti, capogruppo del Pd in consiglio regionale - la partita dell’autonomia si gioca in primis votando sì al referendum costituzionale di ottobre e col negoziato. Noi siamo perché i cittadini possano esprimersi sempre e al quesito risponderei sì, ma sono per ottenere le stesse cose col negoziato e il referendum di ottobre, facendo così risparmiare milioni di euro alla Regione».

In linea Roger De Menech, segretario dimissionario del Pd: «A noi interessa il risultato finale, l’autonomia, e quella si poteva ottenere grazie al 116 della Costituzione anche nel 2001. La notizia vera non è il sì al referendum, ma il sì al negoziato. Quella è l’applicazione vera dell’autonomia». Un grande sì arriva però da Simonetta Rubinato, da sempre sostenitrice del negoziato ma anche della possibilità che i veneti si esprimano sul desiderio di autonomia (perché di questo tratta il quesito ammesso dal governo e dalla Corte): «Bressa conferma che sul negoziato e sul referendum Zaia ha fatto i passi che doveva fare, nonostante quello che diceva qualche esponente locale del Pd - dice la deputata dem - e dimostra che al referendum sull’autonomia il governo dà il suo via libera. Adesso sta al governo regionale indirlo. Certo sarebbe stato possibile mettere insieme le due consultazioni e far risparmiare bei soldi ai contribuenti, ma capisco perché anche politicamente, il governo abbia detto no. Penso però che il fatto che i due referendum marcino separati possa aiutare a creare una no fly zone sulla consultazione, dalla quale uscirà un messaggio chiaro alla politica locale. E sono convinta che anche Renzi ne terrà conto».

Ma sull’indisponibilità da parte del governo di accorpare le date la Lega parte in quarta: «Il governo Renzi non vuole dare nessuna autonomia al Veneto e questa è la dimostrazione - dice Da Re -. Ci dicono di sì ma a spese nostre! Abbiamo a che fare con una dittatura di democristiani. Questi vogliono lo scontro. Per noi il referendum è solo un primo passo per arrivare all’indipendenza!».

A parlare di indipendenza alza subito la mano Alessio Morosin, venetista, candidato presidente della Regione alle ultime elezioni: «Io voterò sì a qualsiasi operazione orientata ad aprire spazi di dibattito, anche se non credo all’autonomia ma all’indipendenza. Ma se non si può aprire una trattativa sul quesito, se quello è e quello deve rimanere, allora è un referendum tautologico, inutile, sarebbe come chiedere a un carcerato se vuol essere libero. Quello che rimane è un quesito vuoto e si spendono soldi inutilmente. Bressa gli ha già chiuso la bocca, lo Stato ha già vinto a tavolino».

Sul tema costo del referendum si gioca il resto della partita referendaria. L’assessore forzista Elena Donazzan sfida il governo: «Se è lo stesso, facciamolo prima di quello costituzionale: i veneti ci saranno». E Jacopo Berti, capogruppo dei 5 Stelle in Consiglio propone «il voto elettronico»: «Sul referendum faremo la nostra parte senza sé e senza ma, nel nome di una maggiore autonomia che può permetterci di aiutare i più deboli. Zaia appoggi la nostra proposta del voto elettronico, come in Svizzera: abbatterebbe i costi e permetterebbe ai veneti di esprimersi».

Sara D’Ascenzo
 

pubblicata il 03 maggio 2016

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