"Mister Spread riappare con il nuovo Governo"

23 maggio 2018

L'analisi di Francesco Morosini


Nessuno ne sentiva la mancanza; ciononostante, all'alba del nuovo governo Mister Spread ha deciso di fare capolino. Un'impennata brusca, per poi ridiscendere. Insomma, un segnale che ha irritato. Tuttavia, perché meravigliarsene? Infondo, dalle urne è emersa una evidente perplessità dell'opinione pubblica italiana nei confronti dello stare la Penisola nell'Euroarea; queste, sommate alle recenti sparate politiche in tema, quasi fossero state fatte apposta per irritare i mercati, da parte dei vincitori dell'ultimo turno elettorale, implicavano una risposta.L'impuntatura dello spread, per quanto ad ora limitata, ne è la logica conseguenza. Infatti, una coalizione di governo (se sarà avrà dal nome del Ministro del tesoro la sua carta d'identità) quantomeno orientata a forzare le regole dell'Eurozona, un minimo di reazione deve darla per scontata. Anzi, potrebbe pure gradirla, nella logica di uno scontro per l'euroexit. È giocare col fuoco.Cionondimeno, se il progetto è questo, i possibili danni collaterali, di cui lo spread è l'annuncio, vanno messi nel conto.

D'altronde, il voto popolare ha posto al centro della scena politica la questione euro Si/euro No. La vera partita politica è qui. Mister Spread si limita a ricordarci che essa ha i suoi rischi.Ovviamente, l'euroexit potrebbe essere un fuoco fatuo. Nel senso che i rivoluzionari, giunti al potere, divengono poi i pompieri di sé medesimi.È dubbio perché la leadership emersa dalle urne pare convinta che questa sia la strada maestra per il Paese.In altri termini, se alle parole - mini-bond (una sorta di moneta parallela), monetizzazione del debito (prelievo fiscale sul risparmio) - dovessero seguire i fatti, avremmo una sorta di dichiarazione unilaterale di uscita dall'Eurozona. In definitiva, le urne hanno posto il Paese di fronte a grandi e decisive scelte; la speranza è che ci sia un confronto politico all'altezza. Del resto (come rileva Bastasin sul Sole/24Ore) lo spread, che prima misurava il rischio sovrano solo in relazione al suo incremento (deficit), viceversa ormai da tempo, anticipando la politica ed incorporando l'euroexit, pare misurarlo sull'intero stock di esso: del resto, è la logica conseguenza di un'uscita con svalutazione dall'Eurozona. Vale la pena risvegliare mister Spread? È questione politica e dipende dalla valutazione costi/benefici che le classi dirigenti del paese, anche in conflitto reciproco, fanno e faranno della permanenza dell'Italia nell'Eurozona.

Il resto, merita il ripeterlo, sonno danni collaterali il cui peso e sostenibilità dipendono dalla valutazione dell'euroexit e dal consenso di opinione pubblica introno ad esso. Pertanto, scegliere (compreso il restare nell'Eurozona) significa pagare un inevitabile prezzo. E se, invece, l'euroexit annunciato fosse solo una mossa tattica concepita dal governo nascente per trattare un riposizionamento più favorevole dell'Italia? Possibile, ma problematico.Perché di fronte a sé troverebbe i no-euro tedeschi convinti che l'euro danneggi la Germania a favore dell'Italia. Per i nostri c'è il rischio di prendere la rincorsa per sfondare una porta, ma di trovarsela aperta e di uscire dalla finestra. Restando l'enigma di chi dei due no-euro abbia ragione. Qui chi sbaglia si suicida (forse entrambi). Comunque, se questo è lo scenario, un altro protagonista sarà il rating sul profilo di credito del paese. Il problema è che siamo ricattabili per l'alto debito sovrano del Belpaese (rappresenta la storia del consenso sociale/elettorale della Repubblica); la qualcosa mette il piombo sulle ali di ogni nostra scelta politica. Per capire cosa può significare l'abbassamento del rating basta tenere a mente che la BCE rifinanzia il sistema bancario dell'Eurozona (dai bancomat al sistema dei pagamenti) accettando in cambio titoli del debito sovrano "non rischiosi"; e, nel farlo, si basa sulle più favorevoli valutazioni di rating. Se questo peggiora, sono guai. Insomma, si cammina sempre sul ghiaccio sottile. Tra voto e vincoli economici, la politica ha un sentiero stretto dinnanzi a sè.


pubblicata il 23 maggio 2018

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