Piovesana scuote il Veneto «L'autocritica è sacrosanta ma non siamo allo sbando» - Corriere del Veneto

05 agosto 2016

Pagina 5, Regione

VENEZIA La classe dirigente del «Nordest da bere», mito negli anni Novanta e da allora autoproclamato primo della classe, sarà pure «cialtrona», come ha sostenuto la presidente di Unindustria Treviso Maria Cristina Piovesana, ma se per decenni è stata sostenuta e votata dal resto della società, la perdita di innocenza, con allegata urgenza di autocritica, riguarda ciascuno di noi. Le opinioni giunte da molte componenti della parte attiva del Veneto, all’indomani dell’intervento di Piovesana, in un modo o nell’altro convergono su questo passaggio: chi ci governa da Venezia o dai mille municipi, chi amministra i nostri capitali dai piani alti delle grandi e piccole banche, chi organizza i portatori di interesse dai vertici delle associazioni di categoria, sta lì non perché è piovuto dal cielo ma per designazione democratica e ogni sua foto è un nostro selfie.

«Siamo di fronte a uno specchio e ci stiamo guardando con attenzione», è l’immagine che usa Elena Donazzan, assessore regionale alle Politiche del lavoro. «Tutti i difetti che non volevamo vedere sono li, impietosi. A me tocca l’autocritica alla politica che si é fatta imbavagliare dall’antipolitica. A Piovesana dico che abbiamo la responsabilità di procedere nel rinnovamento delle nostre rispettive classi dirigenti e che ognuno deve esercitare il proprio ruolo, soprattutto nella rappresentanza, e rendere conto».

«Prendersela con la classe dirigente è prendersela con se stessi – incalza Bepi Covre, imprenditore ed ex parlamentare leghista con fama di «eretico» - e se per classe dirigente intendiamo i politici non è il caso di sparare nel mucchio. Abano a parte, i sindaci sono persone che nel 99% dei casi fanno volontariato puro da veri galantuomini. E poi quelli bravi e talentuosi come mai hanno latitato, preferendo dedicarsi alle loro fabbriche e al loro lavoro anziché spendersi nella buona politica?». Se invece vogliamo parlare di banche, insiste Covre, «sparare su Consoli e Zonin è facile e giusto ma la manina in assemblea l’abbiamo alzata tutti quanti».

Più netto l’ortodosso Toni Da Re, segretario nazionale della Liga Veneta-Lega Nord: «Piovesana si faccia una domanda e si dia una risposta: quanti dei suoi industriali erano o sono nelle stanze dei bottoni delle banche venete? Se i cialtroni a cui pensa sono quelli della Lega è fuori strada, la Lega non è mai entrata nelle ex Popolari». Non l’hanno mai fatta entrare, prosegue il segretario, «forse perché avrebbe scombinato i piani. E comunque occorrerebbe parlare non tanto di appartenenza ai partiti ma alla massoneria. Gioverebbe un bel confronto fra gli elenchi degli amministratori delle banche e le liste dei fratelli muratori».

Sul fronte democratico, ad esprimersi è la parlamentare Simonetta Rubinato, che invita a «non generalizzare e neppure fustigare tutto e tutti. Chi ha gestito il potere nelle istituzioni economiche, finanziarie e politiche della nostra regione e non ha saputo difendere l’enorme capitale generato ha nomi e cognomi. Non siamo all’anno zero – conclude Rubinato - ma va fatta chiarezza, distinguendo chi ha bene operato e senza atteggiamenti di sudditanza verso chicchessia».

Il rischio di gettare il bambino con l’acqua sporca è anche ciò che intravede Onofrio Rota, segretario generale della Cisl del Veneto. «Non siamo di fronte a un Nordest allo sbando ma smarrito, che deve ritrovare una sua traiettoria. Con lo scandalo delle banche o la vicenda Mose abbiamo perso l’innocenza, è vero, ma per quanto sia doverosa un’autocritica, quella di Piovesana mi sembra eccessivamente ingenerosa. Non c’è dubbio che o il Veneto assume un pensiero strategico condiviso, ed è quello che proviamo a fare con il progetto Arsenale 2022 (al quale partecipano 11 associazioni di categoria, del sindacato e delle professioni, ndr) o i campanilismi torneranno a prevalere».

Nella discussione interviene anche lo scrittore e avvocato padovano Romolo Bugaro, al quale si deve la spietata radiografia di certa società veneta nel romanzo «Effetto Domino». «Penso che Piovesana abbia ragione – dice – ma credo anche che ogni singolo cittadino veneto debba farsi un esame di coscienza su come ha votato negli ultimi 20 anni. Giancarlo Galan ha fatto la fine che ha fatto ma il problema sono anche i suoi elettori. Inutile dargli del ladro se riceveva milioni di voti. Ad ogni modo – conclude Bugaro –, Confindustria è stata sempre vicina alla classe dirigente politica ma questo non le impedisce oggi di fare commenti». E da imprenditore un mea culpa giunge da Fabio Franceschi, patron di Grafica Veneta e più volte sulla soglia di un impegno diretto nell’agone politico. «Sì, dobbiamo ammettere che molto probabilmente la difesa a oltranza di un sedicente modello Nordest ha impedito di vedere i problemi veri. Gli imprenditori sono persone capaci, animano il cuore dell’impresa con performance ad alto livello ma, se guardiamo ai risultati finali, si sono dimostrati poco avvezzi alla finanza».

Luigi Curto, presidente di Confartigianato Veneto, spiega di condividere in particolare la parte in cui Piovesana dice «dobbiamo cambiare, dobbiamo credere e dobbiamo fare». «Bisogna tornare alla realtà – sottolinea Curto - e andare avanti facendo tesoro dell’esperienza, ragionare su una banca di territorio vera, con regole di governo che evitino gli errori del passato e non illudendoci che paure e vendette siano utili al futuro». Posizione sulla quale si trova anche Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria. «E’ comprensibile che in questo momento prevalga il giustizialismo come anche l’autoassoluzione, guidati entrambi dalla rabbia per non essersi accorti in tempo di quello che stava succedendo. Si scriveranno ancora molte pagine di giornale e verbali di tribunali, ma personalmente sono interessato al dibattito sul futuro e alle proposte. Il Veneto è ricco di persone capaci ed eticamente corrette. Ripartiamo da loro, ripartiamo con loro».

Gianni Favero

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pubblicata il 05 agosto 2016

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