Partiti «freddi» e trionfo social: una campagna senza manifesti - Corriere del Veneto

08 ottobre 2017

Pagina 3, Primopiano

VENEZIA A gruppi di tre, numerati per ospitare i manifesti per il Sì, del No, l’eventuale propaganda per l’astensione. Sono ovunque e la mestizia di quei tabelloni in lamiera zincata vuoti e con i residui di campagne ben più combattute a colpi di colla e strappi a tradimento, racconta la piega che ha preso la propaganda referendaria per l’autonomia. Che salta fuori da ogni schermo di computer, smartphone e iPad ed è la meno analogica degli ultimi anni: autorizzati dall’Agcom a far propaganda, gruppi consiliari e partiti non hanno messo fuori neanche un cartellone da un metro per 70 centimetri. «È un esperimento metodologico: sarà interessante vedere quanta gente andrà a votare con una campagna senza neanche un manifesto», sorride il politologo Paolo Feltrin.

«Li faremo per le ultime due settimane, vediamo quanti soldi abbiamo – sospira il segretario veneto della Lega Gianantonio Da Re – La Procura di Genova ci ha bloccato i conti. Ma stanno andando molto bene Facebook grazie a migliaia di militanti che condividono e rilanciano, oltre a farsi i gazebo e i mercati. Sarà una campagna economicamente avara ma la mobilitazione permette di compensare». Con decine di appuntamenti ogni giorno, abbinati alle feste provinciali della Lega. Non sarà che la campagna informativa istituzionale della Regione, che ha investito 1,2 milioni di euro per informare i cittadini, solleva i partiti del Sì dall’onere dell’affissione? «La campagna è istituzionale – risponde – Ma essendo Zaia, la Lega e la maggioranza schierati per il Sì, di riflesso aiuta».

La campagna dem invece non si vede neanche sui social. Un disinvestimento che scontenta l’onorevole Simonetta Rubinato, che sta girando il Veneto col suo libro La spallata. «Né il partito né il gruppo consiliare ha fatto richiesta di spazi elettorali – allarga le braccia la deputata – Ho chiesto al segretario se può mobilitare qualche risorsa, i parlamentari sul territorio. Sono preoccupata che le persone non siano informate e che il famoso giorno dopo non ci sia, se manca il quorum. E su federalismo ci metteremo una pietra sopra per almeno vent’anni». «Il Sì critico è un modo per mimetizzarsi e non spendere –ribatte Graziano Azzalin, che da consigliere regionale Pd sta facendo una battaglia serrata per l’astensione- Riteniamo questo appuntamento uno spreco di risorse e coerentemente stiamo facendo assemblee dibattiti, diffusione sui social a costo zero». E poi ogni volta che dici «referendum», informi qualcuno che il 22 le urne sono aperte. «Quei tabelloni vuoti rappresentano il vuoto del referendum, il miglior sponsor per la campagna dell’astensione – concorda Piero Ruzzante, consigliere regionale Mdp - Una parte della campagna per partecipare invece è fatta dalla Regione con i soldi di tutti i cittadini ma quando si tratta spendere per il Sì, non lo fanno. Vanno a inaugurare le opere pubbliche fatte con i soldi di tutti, si fanno le foto col simbolo del Sì. Inaccettabile».

«Un campagna invisibile – ammette Feltrin – In pochi anni la comunicazione politica è cambiata, anche al referendum del 4 dicembre il 70% degli stalli erano vuoti eppure ha votato il 77% dei veneti». Più di colla e manifesti, funzionano i social. «La stampa sta vivendo una nuova primavera su i social, dove gli articoli vengono rilanciati e questo ha un effetto importante». La coincidenza con referendum separatista della Catalogna ha fatto il resto. «Questo referendum è un esperimento metodologico anche per la mancanza di una forte contrapposizione forte tra Sì e No. Perché il No non esiste».

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pubblicata il 08 ottobre 2017

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