Zaia:«Statuto speciale al Veneto» - Il Gazzettino

10 gennaio 2015

Pagina 11, Primopiano

Premessa: finora non è mai successo. Mai una volta i parlamentari veneti hanno fatto squadra, in nessun caso si è verificato un blocco compatto di deputati e senatori che abbiano agito indipendentemente dal proprio partito e dal proprio schieramento. Dunque, se adesso succedesse quel che auspica il governatore Luca Zaia, sarebbe a dir poco eclatante: destra sinistra e centro uniti per dare alla propria regione gli stessi poteri e le stesse risorse che hanno i confinanti. Tradotto: il Veneto non più regione ordinaria, ma regione a statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige. Il che significa, come fanno i trentini, tenersi i 9 decimi delle tasse e non, come succede per il Veneto, lasciare 21 miliardi all’anno a Roma di residuo fiscale. Il Parlamento lo consentirà? Realisticamente, no. Però è anche vero che la classe politica veneta potrebbe dare un forte segnale politico. Solo che dovrebbe fare lobby e dimenticarsi le bandierine di partito.

Fatta questa premessa, la richiesta di Zaia di "fare squadra" arriva in un momento tutt’altro che casuale: giusto adesso che alla Camera dei deputati è iniziata la discussione della riforma del titolo V della Costituzione. È in questo passaggio che si fanno gli emendamenti più consistenti. E cosa chiede Zaia? Una "semplice" modifica del comma 1 dell’articolo 116: lì dove c’è scritto che Friuli, Trentino, Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta sono regioni a statuto speciale, chiede di inserire il Veneto. A qualcuno potrà sembrare una provocazione o una boutade mediatica, ma l’idea in sé è semplice: visto che si sta modificando la Costituzione, perché non approfittarne? Così, almeno, la pensa Zaia. Che rimarca: «A parole sono tutti d’accordo nel sostenere che il Veneto deve avere maggiore autonomia, adesso è il momento di passare ai fatti: da destra a sinistra i parlamentari veneti facciano squadra, questo è l’ultimo treno che passa». Anche perché, dice Zaia, la riforma, così com’è, non va per niente bene: «Introducono i costi standard, ma non per le regioni a statuto speciale e quindi non per la Sicilia che ha il massimo dello spreco. In più svuotano le regioni ordinarie di poteri e introducono la supremazia statale. Per non parlare del Senato delle Regioni: il Trentino avrà 6 rappresentanti, noi, con quasi 5 milioni di abitanti, appena 7». Lapidario: «Ci stanno distruggendo, sono dei vampiri». La soluzione, appunto, dare la specialità al Veneto. Perché agire all’interno dell’articolo 116 chiedendo maggiori competenze, secondo Zaia è inutile: «Le competenze ce le stanno togliendo. E comunque maggiori competenze non significa autonomia».

Tant’è, l’appello di Zaia ai parlamentari ha provocato più scetticismo che consenso, se non altro nel Pd, anche se in molti hanno riconosciuto il cambio di rotta: il governatore leghista non parla più di secessione e punta sulla specialità anziché sull’indipendenza (anche se Zaia ha ribadito che i due referendum vanno fatti). A rilanciare è Simonetta Rubinato, la deputata trevigiana del Pd che da tempo insiste sulla necessità di attribuire più autonomia al Veneto, tanto da aver presentato un emendamento che in commissione aveva avuto il parere contrario del governo. Ritirato l’emendamento per non farselo bocciare, Rubinato aveva detto che l’avrebbe ripresentato in aula. Dunque, dice ora la deputata, si riparta da qui e Zaia dica ai suoi parlamentari leghisti di firmarlo e votarlo. «Purtroppo - dice Rubinato - questo modo di fare del governatore, che si ricorda dell'esistenza dell'articolo 116 solo alla fine del suo mandato, non aiuta, perché di fatto indebolisce la credibilità della nostra regione e mira a dividere il fronte dei deputati veneti».

In effetti, dal Pd non arrivano grandi sostegni. «La richiesta di Zaia è tardiva, sa di boicottaggio alla riforma costituzionale», commenta la senatrice Laura Puppato, mentre il deputato e segretario veneto del Pd, Roger De Menech si dice «allibito dalla superficialità di Zaia. In 14 anni né lui né Galan hanno mai aperto il tavolo con Roma per chiedere maggiore autonomia. La lettera del presidente - dice De Menech - è l’emblema del pseudo ambiente in cui vive: la campagna elettorale permanente».

Sostegno arriva invece dai parlamentari di Area popolare Mario Dalla Tor (Ncd) e Andrea Causin (ex Sc): «Con i nostri colleghi in Parlamento, saremo certamente promotori nel sollevare la questione in aula e nelle commissioni e attraverso tutti gli atti necessari cercheremo di raggiungere l'obiettivo di dare al Veneto maggiore autonomia».

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pubblicata il 10 gennaio 2015

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