CGIA, sviluppo di Belluno: assicurare al Veneto uno sbocco diretto verso l'Austria

01 giugno 2018

La condizione di declino della provincia di Belluno, certificata dalla recente analisi della Cgia di Mestre (clicca qui per leggere il report), si può superare solo attivando le condizioni strategiche per la crescita delle risorse del territorio, sia demografiche che economiche. Per questo una governance più efficiente grazie all'attuazione dell'autonomia è condizione necessaria, ma non sufficiente per lo sviluppo delle terre alte. L'indicazione della ricerca dell'Ufficio Studi degli Artigiani di considerare la possibilità di assicurare al Veneto uno sbocco diretto a nord, in Austria, attraverso la provincia di Belluno, va quindi raccolta dalla politica regionale.

Io stessa avevo proposto nel novembre del 2014, durante le primarie del Pd per le elezioni regionali, l'opportunità di concertare con le autorità austriache la realizzazione di un collegamento ferroviario diretto da Calalzo, attraverso il Comelico e il Monte Cavallino, con la valle di Lienz. Sembra che in questi anni siano maturate le condizioni nelle interlocuzioni con l'Austria, come rileva anche l'associazione Vivaio Dolomiti, per un progetto su scala più ampia, ovvero una infrastruttura che può essere davvero un motore dello sviluppo locale in quanto integrata all'interno delle reti di mobilità nazionali ed europee. E che consentirebbe di cogliere al meglio anche le opportunità economiche ed occupazionali che si stanno aprendo per la comunità bellunese con gli investimenti annunciati dopo la fusione Luxottica-Essilor. Lo sviluppo delle due Province Autonome di Trento e Bolzano reso possibile in primis dal corridoio del Brennero è del resto la più chiara dimostrazione che la competitività dei sistemi economico-produttivi si gioca su aree vaste e sono le infrastrutture che ne determinano l'efficienza e l'efficacia.

Perciò chi guida la Regione sfrutti la vicinanza con il nuovo Governo nazionale, alla cui genesi questo territorio ha dato un apporto fondamentale con il 56% di voti a Lega e M5s, per valutare attraverso una rigorosa analisi costi/benefici, in una visione logistica di sistema, la fattibilità tecnica, finanziaria, sociale e territoriale di un corridoio che, sfruttando gli avanzamenti tecnologici e cercando le soluzioni progettuali rispettose del contesto ambientale e paesaggistico, apra quello sbocco a Nord mancante solo al Veneto. Senza ripetere la pessima gestione di opere come il Mose, la Pedemontana, ecc.

Si tratta di un'opportunità che può rilanciare non solo l'area bellunese, ma tutto il sistema socio-economico veneto, completando la rete logistica regionale alle spalle del porto di Venezia, che costituisce agli occhi degli investitori cinesi la porta della Via della Seta al cuore dell'Europa. A condizione che sia risolto il problema della sua accessibilità alle navi oceaniche, presupposto per avere un volume di traffico commerciale che giustifichi l'investimento sul corridoio. Recuperando la vocazione geopolitica su cui la Serenissima costruì per oltre un millennio la sua prosperità.

Se è vero che il Governo uscente ha privilegiato gli interessi delle regioni speciali confinanti (in primis corridoio del Brennero e porto di Trieste), è altrettanto vero che il governo a guida leghista della Regione nulla ha fatto per difendere gli interessi strategici del Veneto, essendo restato del tutto silente di fronte alla mancata soluzione della ridotta accessibilità nautica del porto di Venezia causata dal Mose: i fondali non sono stati ad oggi adeguati e le soluzioni strutturali (offshore o mini offshore) sono state accantonate. Secondo l'ex Presidente Paolo Costa il porto di Venezia sarà chiuso alle navi oceaniche per inaccessibilità, con un appesantimento dei costi per i caricatori veneti di almeno 150 milioni di euro all'anno: un bell'aiuto alle esportazioni, non c'è che dire!

Eppure era evidente quanto stava succedendo: io stessa avevo lanciato l'allarme dopo la risposta insoddisfacente data dal Governo nel luglio scorso in Aula alla Camera ad una mia interpellanza urgente con cui chiedevo di fare chiarezza sulla realizzazione dell'hub portuale di Venezia. Ma se il Presidente della Regione non difende il porto di Venezia, pensiamo che lo farà un ministro da Roma? O i suoi colleghi governatori del Friuli-Venezia Giulia o della Liguria? E se la porta della Via della Seta per il Nord Europa non sarà Venezia, ma Genova o Trieste, non crede il governatore Zaia che l'autonomia del Veneto ne sarà gravemente menomata? Non c'è più tempo da perdere dunque o il conto sarà davvero salato. 


pubblicata il 01 giugno 2018

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