Renzi: voto da non sottovalutare Ma tra i dem veneti è polemica - Gazzettino

24 ottobre 2017

Pagina 7, Primopiano

VENEZIA Diviso sulla posizione ai seggi, diviso sul commento al risultato. Comunque vada, il Partito Democratico conferma la propria vocazione alla pluralità, spaziando a livello veneto dall'ala smaccatamente referendaria, alla fronda orgogliosamente astensionista, alla corrente responsabilmente critica. Ma a fare notizia è il segretario Matteo Renzi, che rompe il silenzio omaggiando «una domanda di autonomia che non va sottovalutata e che va presa sul serio».IL LEADEREravamo rimasti al perentorio giudizio espresso da Renzi alla festa del Pd a Padova, un mese e mezzo prima della consultazione: «Questo voto è assolutamente inutile, noi ci occupiamo di cose serie». Ieri pomeriggio, invece, il leader dem ha cambiato completamente tono, affidando a Facebook un lungo post che comincia così: «Il risultato in Lombardia e, soprattutto, in Veneto non va minimizzato. Certo: i quesiti erano banali, la gestione lombarda dei dati dell'affluenza è stata sorprendentemente goffa, la pubblicità referendaria ingannevole. Ma la sostanza è che tanta gente, soprattutto in Veneto, ha votato per dare un messaggio. E il messaggio non è la deriva catalana o la secessione padana come chiedono pochi invasati. Il messaggio è serio: si chiedono più autonomia e più efficienza, maggiore equità fiscale, lotta agli sprechi a livello centrale e periferico». Sottolineando che per rispondere a queste istanze non basterà la trattativa con il governo, l'ex premier propone per l'inizio della prossima legislatura un accordo trasversale mirato alla riduzione delle tasse, in modo da affrontare la «gigantesca questione fiscale» emersa dalle urne di domenica. Una virata comunicativa che potrebbe preludere ad una svolta strategica: cambiare argomenti e linguaggio per recuperare consensi in un Veneto che sembra parlare un altro idioma.IL DIBATTITOUna svolta che dovrebbe piacere alla deputata Simonetta Rubinato, fiera sostenitrice della consultazione e del Sì, al punto da auspicare un ravvedimento dei vertici: «Spero che ora sia chiaro anche ai dirigenti nazionali del Pd che non è stato il referendum di una forza politica. Così come è chiaro a tutti chi del Partito Democratico veneto ci ha messo la faccia. Qualcuno che ha invitato all'astensione dovrà prenderne atto e trarne le conseguenze, perché ha tradito i veneti e lo statuto federale del Pd veneto». Un'accusa che il consigliere regionale Graziano Azzalin, convinto portacolori dell'astensione, non può accettare: «La vittoria nel referendum è solo ed esclusivamente di Zaia. Non ha senso provare a intestarsi un qualsiasi merito per il risultato di questa consultazione. Anzi, il Partito Democratico si deve interrogare sulla propria scelta e sulle proprie responsabilità perché è anche grazie a quel sì critico che è stato raggiunto il quorum. Accodarsi a Zaia è dannoso, una tattica suicida che condanna all'irrilevanza politica».Fra i due estremi si apre poi l'ampia e variegata area sostanzialmente intenzionata a proporre al governatore la collaborazione del Pd nel negoziato con Roma, pur fra i distinguo. Dice il capogruppo regionale Stefano Fracasso: «Siamo pronti al confronto sul progetto di legge sull'autonomia, mentre considero una barzelletta la proposta per lo statuto speciale». Aggiunge la senatrice Rosanna Filippin: «Si avvii una trattativa seria sulle competenze, con il nostro appoggio se si resta nel solco della Costituzione». Chiosa la deputata Gessica Rostellato: «Per il Sì ci sono anche i nostri voti, per questo chiedo a Zaia di aprire un tavolo con le altre forze politiche». Il sottosegretario Pier Paolo Baretta prova a fare sintesi fra le diverse sensibilità: «Possono riunirsi in un progetto esplicitamente federale, all'interno di quanto prevede la Costituzione, abbandonando opzioni velleitarie e antistoriche quali l'istituzione di una Regione a statuto speciale». A.Pe.

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pubblicata il 24 ottobre 2017

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