Decreto, 700 emendamenti. E il Pd si divide- Corriere del Veneto

04 luglio 2017

Pagina 18, Economia

VENEZIA «Se verrà cambiato il decreto, salta l’accordo», ha paventato la settimana scorsa il numero uno di Intesa San Paolo, Carlo Messina. Il decreto, ovviamente, è quello dello scorso 25 giugno, con il quale il governo ha dato cornice normativa al salvataggio di Popolare di Vicenza e Veneto Banca ( in sunto : istituti in liquidazione, Intesa che ne rileva solo la parte «attiva» al prezzo simbolico di un euro e a determinate condizioni, anche nell’utilizzo degli immobili, cause azzerate). Ieri, però, alla scadenza del termine per il deposito delle modifiche, in Commissione Finanze si contavano oltre 700 emendamenti (450 dei quali presentati solo dal Movimento 5 Stelle). Per cui sarà interessante capire ora come andrà a finire.

Dal punto di vista tecnico, tra oggi e domani si procederà con le dichiarazioni di ammissibilità delle proposte di modifica presentate, quindi domani stesso inizieranno le votazioni sugli emendamenti. L’obiettivo del governo è quello di chiudere i lavori della commissione entro giovedì, in mondo da mandare in aula il decreto il 10 luglio. Una percorso ricco di insidie. D’altronde l’aula è divisa. Tanto che pure nel Pd, che in teoria dovrebbe votare compatto a favore della conversione in legge del decreto, c’è chi rimugina. Ieri sera il governatore della Puglia, Michele Emiliano ha addirittura invitato i parlamentari del suo partito ad opporsi perché il testo «tradisce i risparmiatori, abbandonando completamente al loro destino centinaia di migliaia di piccoli azionisti e di obbligazionisti subordinati e comporta per lo Stato un onere spaventoso e non recuperabile». In realtà, già nel pomeriggio, c’era già stato chi non aveva nascosto qualche perplessità. Come Simonetta Rubinato: «Si doveva cogliere l’occasione per dare ascolto ai tanti dubbi, anche sotto il profilo di costituzionalità. Non dare spazio alle audizioni necessarie non è andato certo in questo senso». «Il decreto è figlio di una situazione malata, ma se votassimo no saremmo accusati di aver trasformato la situazione in catastrofe», ha tagliato corto però il senatore Giorgio Santini. Chi voterà senz’altro no, invece, è il fronte Lega Nord-M5s. Filippo Busin, parlamentare vicentino del Carroccio, nonché segretario della Commissione Finanza dov’è in discussione il decreto, è categorico: «Non solo emendamenti, ma pure una pregiudiziale di Costituzionalità. Non possiamo accettare uno Stato sotto ricatto o peggio ancora complice di Intesa». Stesso sound dei grillini: «Abbiamo preparato almeno 15 differenti soluzioni all’operazione-Intesa», afferma Alessio Villarosa, membro Cinque Stelle della commissione Finanza. C’è tuttavia in aula un’ampia fascia «grigia», che è in attesa di prendere posizione. Ne fanno parte, per esempio, i parlamentari di «Art 1-Mpd», come Davide Zoggia: «Metteremo davanti a tutto l’interesse dei veneti — spiega l’ex presidente della Provincia di Venezia —, però sulla bilancia per ora pesano di più gli aspetti negativi del decreto. Diciamo comunque che se il governo decidesse di porre la fiducia agiremo di conseguenza». Anche l’ex sottosegretario all’Economia di Scelta Civica, Enrico Zanetti, è sul filo: «Attendiamo di vedere come procederà la discussione. E soprattutto se verranno prese delle serie assunzioni di responsabilità. Fondamentale per esempio che venga chiarito che i rimborsi agli azionisti non siano tassabili. Inoltre mi auguro che entro il 10 luglio venga finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il disegno di legge che istituisce la Commissione di inchiesta sulle banche, che è ancora scandalosamente fermo». In attesa pure i «tosiani» (Matteo Bragantini: «Mi riservo, anche se un voto contrario al testo ora rischia di diventare un voto contro al territorio»). E, soprattutto, i forzisti. Così Renato Brunetta: «Non dovranno esserci figli e figliastri rispetto agli altri salvataggi. Noi abbiamo presentato 40 emendamenti, se non ne accoglieranno neanche uno faremo i conti. In ogni caso di fronte alla fiducia voteremo no. E questa al momento è un’eventualità molto probabile, considerato proprio quello che ha detto Intesa».

Giovanni Viafora

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pubblicata il 04 luglio 2017

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